Patricia Tagliaferri
da Roma
Le uniche ipotesi escluse dai magistrati per spiegare cosa è accaduto martedì mattina sulla linea A della metropolitana di Roma, alla stazione Vittorio Emanuele, sono quelle dellattentato e del sabotaggio. Le due piste più inquietanti, finora soltanto sussurrate, escono dunque di scena, lasciando agli investigatori aperti altri scenari, dellerrore umano o del guasto tecnico, o di una concausa tra queste due possibilità. Il pm Elisabetta Ceniccola vuole accertare se il macchinista, Angelo Tomei, che da ieri è ufficialmente indagato per disastro colposo, omicidio colposo e lesioni plurime, sia intervenuto o no per cercare di fermare il convoglio e perché il sistema di sicurezza di cui è dotato ogni treno non abbia fatto il suo dovere. Il magistrato sta cercando di capire il funzionamento della metro, le sue regole e la sua segnaletica. Per questo ieri ha ascoltato come persona informata sui fatti un responsabile della sala operativa, da dove viene diretto tutto il traffico dei treni. Il testimone ha spiegato al pm quali sono le procedure previste dal protocollo ferroviario e la velocità che devono tenere i convogli nei vari tratti, come indicato da appositi segnali luminosi. Un sistema semplicissimo di codici di velocità divisi per colori, a cui i macchinisti si devono attenere. Il ferroviere ha spiegato come si deve comportare il conducente quando incontra il segnale di rosso «imperativo», davanti al quale si deve assolutamente fermare, e quando si trova di fronte il rosso «permissivo», indicato da una piccola «P»: in questo caso il regolamento prevede che il macchinista si fermi e poi riparta, marciando a vista, con estrema cautela, senza mai superare i 15 chilometri orari. Il fattore umano, qui, chiaramente, diventa determinante, soprattutto nel caso in cui, come sembra accadere abbastanza di frequente, ai macchinisti venga chiesto di disattivare il sistema di sicurezza per snellire il traffico. A bordo di ogni convoglio, infatti, cè un meccanismo che interviene ogni qual volta il macchinista superi i limiti di velocità imposti dai semafori, prima inviando un segnale sonoro e poi, nel caso in cui questo vanga ignorato, bloccando il treno. Il convoglio che si è schiantato contro quello che lo precedeva alla stazione Vittorio Emanuele aveva incontrato in galleria due rossi «permissivi», che quindi imponevano di non superare i 15 chilometri orari. Anche nel caso in cui il macchinista non abbia rispettato il limite, sarebbe dovuto scattare il blocco automatico, il cosiddetto «uomo morto». È sul funzionamento di questo sistema, dunque, che si stanno concentrando le indagini. Da accertare è anche la velocità del convoglio al momento dello scontro e il corretto funzionamento dei freni, anche alla luce di un episodio, accaduto in passato proprio sul treno 311, e raccontato da un veterano dei macchinisti, che sarà presumibilmente convocato in Procura. Il convoglio guidato da Tomei, infatti, in sede di collaudo avrebbe avuto un problema al sistema di frenata e sarebbe finito sul muretto di contenimento del deposito di Osteria del Curato. Di questo stesso episodio avrebbe parlato ieri al pm il macchinista che martedì si trovava sulla vettura tamponata. Il conducente - visibilmente provato dal trauma subito, tanto da dover ricorrere alle cure del medico di turno al palazzo di giustizia prima di rendere la sua testimonianza - è stato infatti già ascoltato dal magistrato. Neppure lipotesi di un momento di distrazione del macchinista viene scartata, dal momento che quando il treno viaggia sotto i 15 chilometri orari i sistemi di sicurezza non entrano in funzione e tutto è lasciato alla prontezza di riflessi di chi è alla guida del treno. Il magistrato nominerà ora un proprio consulente tecnico per esaminare, alla luce dei protocolli di sicurezza della metro, eventuali «buchi» nella rete di controllo del sistema stesso.
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