"Mi vogliono muto e cacciato a pedate, parole da fascisti"

L'editoriale di Minzolini al Tg1: "Parlo con il premier e con tutti i politici, dov’è lo scandalo? Sono finito alla gogna mediatico-giudiziaria, ma non sarò mai un giornalista dimezzato"

Roma «Mi vogliono muto e sordo. Ma io non sarò mai un direttore dimezzato». Augusto Minzolini scende nel suo campo di battaglia e dalla scrivania del Tg1 risponde alla dichiarazione di guerra di chi ha chiesto di «cacciarlo a pedate», ovvero Antonio Di Pietro. «Le stesse parole - ricorda Minzolini - che usò Mussolini contro Giovanni Amendola», come a dire che quella del leader dell’Italia dei Valori è una intimidazione di stampo fascista verso la libertà di opinione e il diritto di cronaca.
Il direttore del Tg1 precipitato nella bufera dell’inchiesta di Trani compare sullo schermo di Raiuno subito dopo che Maria Luisa Busi ha già avuto modo di ribadire un paio di volte come fonti giudiziarie della procura di Trani abbiano smentito che il direttore sia indagato, definendo pure « fantasiose» le ricostruzioni di alcuni giornali. Seduto alla scrivania, Minzolini gioca nervosamente con una penna e snocciola i fatti. «Mi ero riproposto di non intervenire - esordisce - però questa vicenda non tocca soltanto la mia persona, ma il mio rapporto con voi», ovvero il pubblico. Ricorda come il suo nome sia finito «nel frullatore delle intercettazioni e offerto alla gogna mediatico-giudiziaria» per un’inchiesta di Trani sulle carte di credito dove l’ipotesi forse avrebbe potuto essere quella che il direttore avesse subìto pressioni per non trasmettere un servizio in proposito. Ma in realtà, prosegue Minzolini, «l’unico telegiornale che parlò di quell’inchiesta fu proprio il Tg1», smentendo così automaticamente qualsiasi eventuale ipotesi di omertà. A quel punto però si è innescato a causa di quella inchiesta «un meccanismo perverso», lo definisce Minzolini, che ha finito per fargli ricascare addosso la presunta «colpa» di aver parlato al telefono con Silvio Berlusconi: «Sono un direttore e innanzitutto un giornalista - prosegue Minzolini guardando fisso in camera -. Parlo con il premier e con tutti i politici e prima di me lo hanno fatto, al netto dell’ipocrisia, altri direttori del Tg1. Dunque dov’è lo scandalo?».
Minzolini insomma non ci sta ad essere crocifisso. «Qualcuno vorrebbe un direttore muto e sordo che se non sa stare al gioco deve essere cacciato a pedate - attacca il direttore del Tg1 -. Un linguaggio che Mussolini usò con Giovanni Amendola. C’è chi vuole un direttore dimezzato, ma io non lo sarò mai». Non è difficile capire a chi si rivolge, visto che Minzolini riprende precise precise le parole di Di Pietro, che però non è stato l’unico a chiedere le dimissioni del direttore dopo che il Fatto aveva pubblicato la notizia di una presunta indagine su Minzolini. Al leader dell’Idv si sono subito accodati il Partito democratico e pure l’Usigrai. E ai piani alti di viale Mazzini c’è chi spinge per avviare comunque un’indagine interna.

Chiede un chiarimento subito, in occasione del consiglio d’amministrazione convocato per domani, Giorgio Van Straten (in quota Pd), mentre Giovanna Bianchi Clerici (Lega) respinge l’ipotesi di affrontare una discussione su fatti che «non sono certi».

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