Chiara è un’altra Eluana. Dal 1° febbraio del 1999 la sua vita si chiama stato vegetativo persistente. Il papà Rolando e la mamma Lucia l’hanno portata a casa, a Grosseto. È da nove anni che Chiara vive con loro, accudita e coccolata giorno e notte. «A giugno compirà 33 anni. Era bella come il sole. Anche ora lo è». La battaglia quotidiana di Rolando Ciacci è perché Chiara continui a stare accanto a loro. «Basta che viva: è la nostra luce».
Che cosa è successo a sua figlia?
«Un incidente stradale molto grave. Aveva 22 anni. Arresto cardiaco, l’hanno salvata col defibrillatore, è rimasta 43 giorni in rianimazione. È stata ricoverata a Innsbruck, poi a Grosseto e a Ferrara. Dopo quasi un anno l’abbiamo portata a casa».
Perché?
«Tutti i medici hanno riconosciuto la gravità della situazione di Chiara, tutti hanno detto che non si riprenderà. Però hanno anche aggiunto: se c’è una speranza che recuperi parzialmente potrà accadere soltanto fra le mura domestiche, gli affetti e il calore della sua famiglia. La pensavano così anche in Austria, dove passano per essere più freddi di noi. Comunque non l’avrei mai lasciata in ospedale, la mia Chiara. Se uno vuol bene ai suoi figli li porta a casa, con sé. Non fa come Beppino Englaro».
Non è d’accordo con lui?
«Sono presidente dell’Associazione gravi cerebrolesioni acquisite onlus di Grosseto, abbiamo fatto ricorso alla Corte europea contro la sentenza su Eluana e siamo pronti a denunciare il suo omicidio. Abbiamo già attivato gli avvocati».
Ha mai provato a parlare con Beppino Englaro?
«No. E non vorrei. Lui vuol fare della figlia la pietra miliare dell’introduzione del testamento biologico in Italia. Non c’è compromesso: vuole che Eluana muoia, e che muoia nel modo più vergognoso. Non voglio parlargli».
Lei è credente?
«Sono cattolico, ma non c’entra. La sacralità della vita è un valore per tutti. A maggior ragione per una persona indifesa, come sono Chiara ed Eluana».
Qual è la condizione di sua figlia?
«Ha il sondino per il cibo, ma respira da sola, ti guarda. Sente se le faccio il solletico. Le persone come lei e come Eluana non sono un legno con un cuore che batte: sono persone vive, che hanno il diritto di continuare a vivere. E noi genitori abbiamo l’obbligo di accudire i nostri figli: tanto più quando non stanno bene».
Com’è la giornata di Chiara?
«La vita è quello che è, certo non è più come prima. L’incidente di Chiara ci ha sconvolto l’esistenza, la routine. Mia moglie Lucia è eroica: trascorre ventiquattr’ore su ventiquattro con lei. Io durante il giorno lavoro, ho un negozio di fiori. Ho 67 anni, ma devo continuare perché la pensione è bassa, non basterebbe nemmeno per comprare le creme di Chiara. Quando arrivo a casa la alziamo, la mettiamo sulla carrozzina, le diamo da mangiare con la flebo. Se c’è bel tempo la portiamo fuori a fare un giro. In estate andiamo sempre cinque o sei settimane al mare. Guardi che lei se ne accorge».
In che senso?
«È un essere come noi: entri in casa e ti guarda, ti muovi e ti segue con gli occhi. Quando la spostiamo si vede che è contenta. Il distacco riguarda la comunicazione. Però a volte risponde con gli occhi».
Risponde alle domande?
«No, ma se le dici: “Chiudi gli occhi piano piano”, lei lo fa. Poi però pecchiamo di ingordigia, glielo richiediamo subito, e allora lei non lo fa più. I neurologi mi dicono: per sua figlia, per il suo cervello devastato muovere gli occhi è come scalare una montagna. Dopo deve riposarsi. Ma nessuno può dire che sia morta, o che non soffra. Ha solo bisogno di acqua e cibo: tutto qui».
Riporterebbe Chiara in ospedale?
«Mai. Mia figlia sta con me e mia moglie.
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