«La mia Karmen dei poveri è una vera storia di libertà»

L’artista pubblica su cd l’opera che ha avuto un grande successo mondiale. Canta anche la Consoli

da Milano

Caro Bregovic, solo lei può intitolare un cd Karmen with a happy end. E poi dov’è il lieto fine?
«C’è sempre un lieto fine, il lieto fine ormai è obbligatorio. Quando ho lavorato in America con Kusturica per il film Arizona dream, il lieto fine era addirittura previsto dal contratto, altro che».
Insomma, stavolta ha fatto un’opera.
«È una Carmen dei poveri. Bizet si era ispirato al libro di Prosper Mérimée, che era romantico come d’altronde tutto a quei tempi. Io non ho potuto essere romantico, come faccio?».
Però almeno si è ispirato a Bizet?
«Diciamo che sono due opere molto diverse ma comunque collegate. E io ho rispetto per i miei punti di riferimento, anche se talvolta mi prendo tante libertà. Adesso mi sento come uno che ha messo i baffi alla Gioconda».
A furia di metter baffi qui e là, Bregovic stavolta ha fatto un bell’affresco. La sua Karmen with a happy end è la colonna sonora di un’opera zingara che è piaciuta dappertutto, persino al Cabaret Sauvage di Parigi, dove il pubblico è più felice quando fischia che quando applaude e figurarsi quanto pregustava i buuhh quando s’è trovato di fronte questo scalcagnato musicista/attore con la sua Weddings and funeral Band. Sarà per questo che lui, di passaggio a Milano a bordo del suo italiano fluido e divertente, ora sprizza gioia da ogni nota e guai a fermarlo perché intanto non accetta domande: se le fa da solo, e le risposte sono così torrenziali che non basterebbe neppure una diga.
Ma scusi, almeno riassuma la trama di Karmen.
«Sono stato ispirato da tutte le storie delle ragazze che, attirate da tante promesse, partono da Est, dal mio Est che conosco così bene, e poi si ritrovano a fare i conti con il marciapiede, con la prostituzione, con il buio».
Ma allora che cosa c’entra Bizet?
«La sua Carmen è un archetipo della libertà, lo è da un secolo e mezzo».
Lei ha obiettivi così alti?
«No, io mi basterebbe solo che Karmen entrasse nel repertorio delle piccole bande che suonano ai matrimoni e ai funerali. Vorrei che servisse a far guadagnare i musicisti delle mie parti che fanno fatica a sbarcare il lunario. A loro devo molto sin da quando ero un ragazzino».
Non sta facendo un po’ troppa retorica?
«No».
Perché ha voluto Carmen Consoli come voce straordinaria in Focu di Raggia?
«La conosco da anni, è la migliore in circolazione tra le cantanti italiane. Qui è perfetta per quella canzone. E poi noi ci conosciamo bene, abbiamo già fatto musica per la colonna sonora del film di Roberto Faenza».
I giorni dell’abbandono.
«Appunto. Una cantante con una voce così è unica, potevo farmela sfuggire? Non ho pensato a nessun’altra».
La inviterà sul palco a ottobre per i suoi recital al Piccolo di Milano?
«Non lo so mica. Farò alcuni concerti con la musica di Karmen ma non ho ancora pensato al resto. Sono troppo concentrato su questo progetto. Lo sa che la musica mi commuove sempre. E le parole? Le parole del libretto sono favolose».
Ma perché allora non farne un film?
«Lo farò».
E non dica che non ci aveva mai pensato.
«In realtà tutto è nato dall’idea di girare un film su Karmen. E qualche anno fa ho anche scritto la sceneggiatura, che vinse pure un concorso in Serbia.

Ma poi mi sono messo a suonare le musiche, è stata un’esperienza travolgente. Abbiamo incrociato le lingue di tutto il mondo, dal coreano al gitano, dal romeno al russo»:
Sì, ma il film?
«Dopo aver suonato a Milano, prometto che inizierò a preparare tutto per provare a girarlo».

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