Ha una voce potente, espressiva, dai riverberi «black» e flessibile nellaccostarsi a tutti i generi. Poi, anche se non ha più i boccoli biondi ed è arrivato a 56 anni, è sempre un uomo affascinante e anche questo conta. Comunque Michael Bolton - che stasera tiene concerto al Teatro degli Arcimboldi - punta sempre sulle sue doti artistiche, quelle che gli hanno fatto vendere più di 50 milioni di album nel mondo.
Qualcuno lo definisce un furbacchione per la disinvoltura con cui passa da un genere allaltro. Infatti è diventato celebre rileggendo con toni raffinati i classici del soul (tra cui va sul velluto con il mitico Sittin On Dock of the Bay di Otis Redding e lovattato When a Man Loves a Woman di Percy Sledge). Poi, fra le altre scorribande, ha cantato il repertorio del vecchio Frank in Bolton Swings Sinatra («è il padre del canto moderno insieme a Bing Crosby, Al Jarreau e pochi altri», dice Bolton); ha inciso il canonico disco natalizio (e spesso viene a Milano in dicembre per cantare in piazza del Duomo inni quali Silent Night). Non sè fatto mancare nulla affrontando anche lopera e cantando con artisti che spaziano da Pavarotti a B.B.King a Nicollette Sheridan, una delle protagoniste della fiction Desperate Housewives. E poi, per fare il pieno di tutto, nel 2008 ha duettato a Sanremo con Anna Tatangelo, anche se, negli annali del Festival, è ricordato per una esibizione precedente, come uno dei pochi artisti, insieme a Mireille Mathieu e Whitney Houston, a essere richiamato per il bis.
Se si pensa che ha debuttato nel mondo ruvido e fracassone dellheavy metal, si potrebbe pensare a una specie di mutante. Infatti debuttò su disco con i Blackjack, una band in cui militò anche Bruce Kulik, il chitarrista dei Kiss. Avrebbe dovuto anche entrare nei Journey al posto di Steve Perry ma non se ne fece più nulla. «Non rinnego nulla - ha detto -. Sono stato anche in tournée con Ozzy Osbourne ma in giro cè troppo rock scadente e bisogna equilibrare la situazione dedicandosi ad altri generi».
Certo, ai rocker duri e puri non piace, ma Bolton con la sua vocalità passionale sè costruito un folto pubblico trasversale in tutto il mondo. Insomma lui fa il percorso contrario a quello delle anime dannate del rock. «Sono un cantante moderno ma legato alla tradizione antica - dice di sé -. Per questo mi avvicino anche allopera. Ho sempre amato Puccini. Cominciai a cantare le sue arie in America quasi pere gioco e il pubblico impazziva, pur non capendo una parola di quella roba italiana».
Grazie al gatto che è in lui, si trova bene in tutti i ruoli; sia che duetti in blues con B.B. King o Ray Charles, sia che si avvicini a Placido Domingo o alla scanzonata disco music di Patti Labelle.
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