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«Il miglior ispettore? Un allievo di Kant»

Dopo i successi di Critica della Ragion Criminale e I giorni dell'espiazione torna in scena con Luminosa tenebra (Einaudi, pagg. 576, euro 21) il procuratore Hanno Stiffeniis protagonista di una singolare trilogia storica ambientata nella Prussia delle Guerre Napoleoniche. Il creatore della serie Michael Gregorio (ovvero la coppia composta da Michael J. Jacob e Daniela De Gregorio) ci spiega come sia nato questo originale investigatore: «ci interessava un personaggio che incarnasse ordine e razionalità. Anche per il suo ruolo istituzionale. Hanno Stiffeniis è infatti un magistrato sposato, che ama moltissimo la sua famiglia. Ma vive anche conflitti e lacerazioni molto moderne. È un uomo che ha dentro di sé un altro se stesso un po’ più misterioso di cui diventa consapevole proprio affrontando le indagini sui delitti».
Perché avete voluto che fosse allievo di Kant?
«Perché è stato proprio Immanuel Kant, il filosofo della ragione, a rendere chiara l’incapacità della ragione di capire tutto. Kant diceva che possiamo conoscere con una certa sicurezza le cose ma fino ad un certo limite. Ma al di là di quel limite c’è pur sempre un luogo oscuro e misterioso. Noi abbiamo immaginato un Kant plausibilissimo che avesse fatto scorribande in quel luogo oscuro. Hanno Stiffeniis è il giovane allievo che ha fatto intravedere quegli inesplorati territori al vecchio maestro».
Cosa vi ha suggestionato a scrivere Luminosa tenebra?
«Ci siamo imbattuti in un trattato della seconda metà del ’600 intitolato Succini Prussici, ovvero il nome tecnico con cui veniva chiamata all’epoca l’ambra. Il testo di Johann Phillip Hartmann cercava di spiegare che cosa era quel materiale così insolito che diventava una sorta di finestra su un antichissimo mondo passato quando aveva intrappolate al suo interno foglie e insetti. Il dibattito su che cosa fossero quelle creature fu all’epoca molto acceso. Fra il magico e lo scientifico. Poi ci avevano colpito moltissimo le incisioni di quel testo che raffiguravano i raccoglitori di ambra. Erano vestiti come creature provenienti da un altro mondo per poter entrare nelle acque fredde del Baltico. Abbiamo così cominciato a raccogliere notizie e abbiamo scoperto quali leggi feroci regolavano quella raccolta e che i nobili Teutoni furono fra i primi a fare commercio di quel materiale che diventò la ricchezza della Prussia. Ricchezza sulla quale l’esercito napoleonico intende mettere le mani».
La trama ruota appunto intorno all’occupazione francese della Prussia. Qual era il reale rapporto fra francesi e prussiani?
«Era un rapporto difficilissimo. La razionalità e la praticità dei francesi si scontrava con il senso magico e visionario della natura che avevano i prussiani che avevano anche molto forte la consapevolezza di appartenere ad una patria che ancora non esisteva, la Germania appunto, ma che era già così viva nei loro animi. I francesi, con la sbrigatività dei conquistatori, volevano imporre una diversa mentalità e cultura anche in nome di principi alti. Ma i prussiani resistevano attaccandosi ancora di più alla loro storia ed alle loro tradizioni. Anche le più antiche e le più oscure».
Perché l’ambra era considerata così preziosa all’epoca?
«Era come il petrolio oggi, o l'oro e i diamanti. Procurava ricchezza a chi ne controllava il traffico. Non c'era una casa di ricchi o nobili nell’800 in tutta Europa che non avesse un oggetto o più oggetti fatti con l’ambra.

Basta ricordare la famosa stanza d'ambra che Federico I di Prussia nel 1701 offrì in regalo allo Zar Pietro il Grande. Questo tesoro è sparito durante la II guerra mondiale. Ancora oggi l'ambra ha dei prezzi incredibili ed è un prezioso oggetto di studio».

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