Il Milan non molla Passa a Parma e spera nella Reggina

Bella prova dei rossoneri, Kakà a segno dal dischetto. Sheva subito ko

nostro inviato a Parma
Il primo sfizio se lo toglie il popolo milanista: tenere la Juve inchiodata fino all’ultimo minuto dell’ultima domenica. La Signora chiacchierona e intercettata non può permettersi distrazioni o feste premature, deve timbrare il cartellino anche con la Reggina per incassare lo scudetto più malinconico della famosa collezione. Il secondo sfizio se lo toglie Adriano Galliani: con l’attuale classifica in bilico e la possibilità teorica di un ballottaggio può esimersi, in qualità di presidente della Lega, dal presentarsi a Napoli, sede di campo neutro, per consegnare il trofeo alla Juventus per il secondo anno consecutivo. Al suo posto l’incombenza tocca al segretario Marco Brunelli; lui, può starsene in tribuna a San Siro, a fare la contabilità dei punti collezionati dal suo Milan, una cifra mostruosa alla fine, e decidere quali sono stati i passaggi sciagurati della stagione, se la sconfitta di Lecce oppure il pareggio di Ascoli dove si giocò in condizioni climatiche proibitive.
A giudicare dietro le pieghe del rotondo 2 a 3 del Milan a Parma, si riconosce un indiretto e perverso effetto Moggi finito sulla schiena del suo fiero rivale. Appena Paparesta, col contributo del suo assistente Ivaldi, fischia il rigore, sacrosanto, a Parma si scatena il finimondo: in panchina Beretta si comporta come un ultrà, devono frenare e bloccare Bucci, il portiere di riserva, pronto all’invasione e magari a passare alle vie di fatto nei confronti dell’arbitro pugliese. La curva di Parma, poi, da sempre col cuore anti-juventino, per ritorsione applaude le notizie dei gol di Nedved e Ibrahimovic rimbalzate da Torino. Il rigore, riprese tv alla mano, è tutt’altro che scandaloso. La presenza, nell’azione di Inzaghi, induce a qualche pregiudizio ma gli estremi ricorrono tutti. Il centravanti rossonero aggira il portiere De Lucia in uscita spericolata che prima arriva con la mano ma poi rovina sulle caviglie di Pippo. Come si può rimediare a questo clima di sfiducia palese nei confronti degli arbitri? Un modo c’è: bisogna fare piazza pulita, punire, squalificare, lasciare a casa i collaboratori infedeli e Moggi, per far sapere a tutti che non c’è impunità che tenga. Chi sbaglia, paga. Anche se lavora nella Torino sabauda, alla Juve, sotto il vessillo della famiglia Agnelli e della Fiat.
Per tenere la Juve sotto tiro, il Milan procede sicuro passando attraverso il solito incidente. Stavolta tocca a Shevchenko, in collisione con Couto, arrendersi dopo pochi minuti (trauma distorsivo al ginocchio) lasciando il campo e il ruolo al più adatto e più atteso, dal suo antico pubblico, Alberto Gilardino. Il ragazzo, che è ancora un novizio in Europa ma in campionato se la cava alla grande, è decisivo nel promuovere l’azione del 2 a 0 preparata da Kakà, impreziosita da un suo velo e chiusa da un destro a incrociare di Cafu. Di questi tempi, e col caldo estivo, il Milan perde qualche colpo in difesa, Nesta in particolare, e poi Serginho, si disunisce spesso in centrocampo con l’avvento di Morfeo nella seconda frazione ma poi trova con Seedorf l’opportunità di ribadire col 3 a 1 il tentativo di rimonta del Parma, incarnato da Corradi. Non solo.

Prima di andare tutti a cena a casa Ancelotti sulle colline da queste parti, c’è spazio per Jankulovski, e si capisce che il sodale di Nedved è in ripresa netta e può risultare prezioso persino in qualità di terzino, al posto dello stesso Serginho.

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