La bestia nera del Bayern scalda i muscoli logori. La bestia nera del Bayern di nome fa Pippo e di cognome Inzaghi ed ha un collaudato palmarès che comincia nella notte dell’Olympiastadion (due gol ai tedeschi nel girone di qualificazione, 1-2 il finale, la data scolpita nella memoria rossonera collettiva è 1 ottobre 2002) e si conclude nei quarti di finale dell’edizione passata, con quei due gol di testa che mettono in ginocchio l’armata guidata da Beckenbauer e Rummenigge e l’accompagnano fuori dalla Champions league. La bestia nera del Bayern non sta benissimo. Lo sanno tutti, l’interessato e Ancelotti (tentato da un diabolico cambio in corsa, Ricardo Oliveira a mezz’ora dalla fine) naturalmente. Per non parlare di Adriano Galliani che nella sua pasquetta da nonno continua a farsi torturare dal rimpianto della sfida dell’andata. «Il gol di Gilardino era buono: a quel punto avremmo avuto il 2 a 0 ed evitato il cartellino giallo con squalifica successiva» il pensiero fisso del dirigente berlusconiano. «Non sono al massimo ma ce la farò» è la garanzia firmata dalla bestia nera del Bayern all’ora del caffè, transitando per il bar frequentato a quell’ora dai giornalisti reduci dall’intervista di Gourcuff.
Il provino di ieri a Milanello (sotto gli occhi di Mario Beretta, tecnico del Siena, tifoso doc del Milan e di passaggio per aggiornamento professionale) è la conferma di tutta una stagione scandita da acciacchi, affanni e appuntamenti traditi: un’ora con Inzaghi che mette alla prova la famosa cicatrice del flessore che gli procura fitte e paure. «Vedrete, darà il meglio» sostengono convinti i suoi estimatori che si radunano spesso nel salone di Milanello per cementare le sicurezze di Pippo, un tempo il protettore calcistico dell’armata milanista. Da quando è sbarcato Ronaldo, ha cominciato a pensare di dover lasciare il Milan la prossima estate (come ha ripetuto ieri Simic, depresso per l’utilizzo riservatogli «solo in caso di epidemia dei difensori» le testuali parole del croato) tifando per una salvezza del Parma del suo amico Ghirardi con successivo trasloco.
La bestia nera non avrà il suo più collaudato sodale, Serginho, da portare in panchina per ogni evenienza. E anche lo schieramento scelto da Ancelotti (4-4-1-1, lo stesso dell’andata) non è certo utile per esaltare la sua vena attuale: ultimo gol registrato il 28 gennaio, contro il Parma proprio, due mesi e mezzo prima. Un digiuno da record, per le sue abitudini. «La serata speciale e le esigenze di fare risultato saranno il suo doping» la convinzione di Ancelotti che da uomo di campagna non si illude più di tanto. E guarda a Kakà o al giovane Gourcuff per sperare nel colpo di mano, nell’impresa.
A Monaco, contro il Bayern, scortato dalla bestia nera dei tedeschi, ma con due grane da risolvere. Il Milan scopre la prima mostrando glaciale indifferenza. L’arbitro spagnolo della sfida, Mejuto Gonzales, è reduce da una bufera domestica: la sua frase («tranquilli, vi salvate sicuro») rivolta a Joseba Exteberria, uno dei veterani dell’Atletico di Bilbao ai margini di Atletico-Valencia e mandata in onda dall’emittente tv «Cuatro», ha provocato un caso politico nella Liga. Con polemiche dichiarazioni del tecnico del Valencia e di altre società coinvolte nella retrocessione.
La seconda è forse la più spinosa. E riguarda il divieto, in Germania, di presentare sulle maglie rossonere il marchio dello sponsor austriaco, Bwin, che si riferisce a una società di scommesse sportive.
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