Herenveen - Ha lasciato sfogare pubblico e avversari per una ventina di minuti. Li ha attesi nella propria metà campo, in attesa di scorgere il fianco scoperto dove azzannare. Ha graffiato una prima volta con una fortuita autorete di Jong-A-Pin, ha assestato il colpo letale dopo tre minuti, grazie alla serpentina dalla sinistra di Kakà, che ha permesso al piattone di Gattuso di firmare il suo secondo gol europeo con la casacca rossonera, il quarto contando anche il passato in terra scozzese. È stata questa la tattica perfetta di Ancelotti e del suo Milan nella fredda Heerenveen. E dopo aver messo ko la propria preda, ha dolcemente cullato la partita con quella fitta rete di passaggi, marchio di fabbrica del Milan, per poi addormentarla senza che gli olandesi potessero impensierire l’attento Dida.
A tratti è sembrato di rivedere il Milan sceso in campo quattro giorni fa contro la Sampdoria, saracinesca davanti a Dida, quanto poco propenso a gettarsi in avanti alla ricerca dell’immediato vantaggio. Vantaggio che sarebbe già potuto arrivare nell’unica azione degna di nota della prima frazione di un assorto Shevchenko, ancora diamante da lucidare al meglio, un missile su punizione da 35 metri deviato a mano aperta da Vandebussche. Vantaggio che invece arriva grazie a una sfortunata deviazione alle spalle del proprio portiere del difensore Jong-A-Pin. Ma, si sa, quando ci si trova costretti a marcare Filippo Inzaghi, le difficoltà aumentano esponenzialmente e con esse anche le possibilità di errore. Vantaggio messo subito in banca col raddoppio di Gattuso, piattone utilissimo per trasformare i restanti settanta minuti, in poco più di un allenamento, nonostante la fiammata di Paulo Henrique al ventesimo del secondo tempo, finita alta alle spalle di Dida, unica azione casalinga degna di nota di una soporifera ripresa, impreziosita solamente dal gol numero 64 di Filippo Indaghi e dal cucchiaio dagli undici metri di Pranjic a una manciata di minuti dalla fine.
Novanta minuti che, tutto sommato, hanno mostrato una ritrovata solidità difensiva rossonera, con un Favalli quasi perfetto dirottato al centro del reparto (prestazione sporcata solo dal fallo da rigore finale), con un Antonini piacevole riconferma dopo il bell’esordio contro la Sampdoria, con un Emerson finalmente determinante nel ruolo di vice-Pirlo. Il tutto impreziosito da un cinismo in attacco che ha fruttato ai rossoneri sei reti in due partite e una media killeristica quando si tratta di infilzare la preda.
Il Milan mette così in cascina i primi tre punti europei e resta in attesa degli sviluppi dell’affaire Beckham. Un trasferimento che, visto con occhi maligni, somiglia sempre più a un affare dai forti connotati extra-pallonari. Dove extra sta per l’enorme ritorno pubblicitario che lo spice-boy porterebbe con sé nella toccata e fuga milanese. Un coro di no che rimbomba a poche ore dalla sfida di coppa Uefa, a partire dall’attuale tecnico dei Los Angeles Galaxy, Bruce Arena, da subito contrario e contrariato all’ipotesi di Beckham in casacca rossonera, seppure per qualche mese. «Ad un primo impatto sembra una proposta strampalata», le parole con cui il tecnico bolla il trasferimento. E anche la sponda nerazzurra di Milano guarda con occhio critico il possibile arrivo dell’inglese nel campionato italiano. «Il Milan ha avuto una sua storia e adesso punta su questo fatto che può essere il modo giusto per fare soldi», le parole del presidente nerazzurro Moratti, che non lasciano trapelare il minimo moto d’invidia di fronte alla tanto sbandierata “collezione di figurine” rossonera: «Il Milan considera il futuro quello che ha già fatto e quindi può fare cose diverse».
«Non mi sembra che il Milan stia guardando al passato - la secca replica di Galliani -: abbiamo preso Ronaldinho che ha soltanto 28 anni e ci ha reso ancor più competivi. Siamo la squadra con più appeal in Italia: abbiamo aumentato il nostro pubblico, mentre altrove è calato». Al mese di maggio l’ardua sentenza.