Milano, cileno ucciso Trovata una pistola dove il vigile ha sparato

Svolta nell’inchiesta. L’arma, una pistola lanciarazzi, era vicino all’ingresso del parco Lambro. A pochi metri di distanza dal luogo dell’omicidio

Milano, cileno ucciso Trovata una pistola  dove il vigile ha sparato

L’ha trovata giovedì l’equipaggio della volante del commissariato Lambrate dopo una segnalazione anonima giunta in questura, al 113. Una pistola lanciarazzi, vecchio tipo, ma perfettamente funzionante. Era a terra, semi sepolta dalla neve, nelle vicinanze dell’ingresso pedonale del parco Lambro e accuratamente «segnalata» da due mattoni rossi sistemati accanto. Anche volendo ignorare la chiamata «senza volto» al centralino di via Fatebenefratelli (che potrebbe anche essere opera di un passante desideroso di segnalare il ritrovamento senza però palesare la propria identità) questo ritrovamento non ha nulla di casuale. A poche decine di metri dal luogo dove è stata ritrovata l’arma, in via Crescenzago, lunedì 13 febbraio il vigile Alessandro Amigoni, dopo un breve inseguimento prima in auto e poi a piedi, ha sparato al cileno Marcelo Valentino Gomez Cortes uccidendolo.

Dopo i risultati dell’autopsia sul cadavere del sudamericano - che hanno accertato che l’uomo è stato colpito alle spalle - sono esplose le polemiche, inaspritesi con la testimonianza dell’altro cileno, sfuggito alla sparatoria e presentatosi di sua spontanea volontà qualche giorno fa alle autorità, per testimoniare che lui e il morto erano disarmati. L’arma è stata presa in consegna dalla squadra mobile e analizzata dalla Scientifica.

E mentre per Amigoni si va profilando un processo con rito immediato, lui continua a lavorare in un ufficio amministrativo della polizia locale dove si occupa della riscossione di multe per le infrazioni stradali.

«Oggi (ieri per chi legge, ndr) sono stati effettuati i rilievi sulla Seat Cordoba dei cileni per verificare che Alvaro Thomas Huerta Rios, il cileno presentatosi come amico del morto e testimone della sparatoria, fosse veramente su quell’auto quel giorno - spiega l’avvocato Gian Piero Biancolella, che difende Amigoni -. Quindi, i risultati delle operazioni tecniche sulla pistola, la Beretta 92 usata da Amigoni, verranno incrociati con quelli della perizia microscopica e della perizia balistica. Il vigile avrebbe sparato da una distanza di tre metri? Ma non diciamo sciocchezze! Al momento una simile affermazione è completamente destituita di fondamento.

E, per favore, smettiamola di chiamare Amigoni Rambo! Quest’uomo ha frequentato un corso dell’istituto di vigilanza Ivri, ma non è mai stato in un poligono.

Il suo è un dramma umano e pubblicare le foto che, su Facebook, lo ritraggono con un fucile in mano, è stato molto disonesto: proprio tra quelle stesse foto riportate sul social network ce ne sono alcune in cui il vigile tiene in braccio il figlio per allattarlo».

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