Cronaca locale

«Milano può stare sicura: la polizia vigila sull’Expo»

(...) Poliziotto particolarmente esperto di organizzazioni criminali, già stato in via Fatebenefratelli dal ’98 al 2000, Dia, Criminalpol e mobile, è poi passato per Reggio Calabria, vice capo della mobile, e Palermo, capocentro Sisde. A settembre diventerà vice questore vicario a Bergamo e sarà sostituito da Alessandro Giuliano, figlio di Boris, capo della mobile palermitana, ucciso da Cosa Nostra nel ’79. «Prima di tutto vorrei dire quanto sia soddisfatto che il mio posto sia preso da Alessandro, grande professionista e grande amico. Fin da quando 20 anni fa gli facevo da “ufficiale inquadratore”, per insegnarli a marciare alla festa della Polizia».
A Milano per 12 anni, poi nove tra Sicilia e Calabria, quindi il ritorno nell’agosto 2007. Che differenze ha trovato?
«Fino agli anni ’90 la criminalità sparava senza pietà, perché Cosa Nostra e ’ndrangheta difendevano militarmente il territorio. Una strategia, culminata nelle stragi del ’93, rivelatasi però perdente: troppo allarme sociale».
Ora invece?
«Uscita di scena Cosa Nostra è rimasta la ’ndrangheta che però si è interrata come un fiume carsico. Punta al controllo, ma del potere politico ed economico, perché qui la ricchezza è tale che si può anche fare soldi “legalmente”, soprattutto con l’edilizia. Senza rinunciare, se dovesse essere necessario, agli attentati ai cantieri. Ma sono molto rari»
Immaginiamo quanta gola facciano gli appalti per l’Expo.
«Esatto, ma la Procura ha una particolare sensibilità al fenomeno e svolge un’attività continua di monitoraggio. E a Milano il tessuto sociale è completamente diverso. Qui per esempio il pizzo è impensabile: alla prima richiesta commercianti e imprenditori corrono dalle forze dell’ordine».
Però la gente ha paura.
«Lo capisco, perché tornando a Milano ho trovato una particolare recrudescenza della cosiddetta criminalità predatoria, scippi, furti, rapine in strada. E poi l’esplosione della droga».
Senza però guerre per il controllo del territorio.
«No, la torta è così grande che chiunque può spacciare e approvvigionarsi dove vuole. A Palermo l’Organizzazione chiede il pizzo anche ai pusher in strada...».
Soprattutto cocaina.
«Certo e il vero mercato non si fa in strada, dove vanno i disperati, ma in circuiti chiusi, riservati ai clienti più facoltosi».
Come si contrasta?
«Noi intercettiamo forse il 15/20 per cento del traffico, però fino a quando non si interviene sulla domanda, il fenomeno non si contrasterà mai. Ma non è compito nostro: a noi tocca la repressione, la prevenzione spetta ad altre Agenzie».
E la prostituzione?
«Stessa cosa, bisogna educare il cittadino, anche perché prostituirsi non è reato. E perché è finito il tempo dello sfruttatore tradizionale che schiavizzava le donne. Adesso quasi tutte, salvo ovvie eccezioni, scelgono volontariamente la strada, magari per un breve periodo».
E le baby gang?
«Stesso discorso della mafia: il tessuto è sano e non consente la sviluppo di un fenomeno che rimane circoscritto a episodi di bullismo, per quanto violento. Le bande non si sono ancora evolute in organizzazioni che trafficano in droga e armi come negli Stati Uniti».
E poi ci sono grandi casi che colpiscono l’opinione pubblica.
«Con l’arresto degli stupratori di Sesto e di Pasquale Procacci per l’omicidio della sorella, credo li abbiamo risolti tutti».
Rimane il caso di Stefano Cerri, scomparso il 10 dicembre 2008, e l’omicidio di Pasqualina Labarbuta, accoltellata l’11 maggio su una panchina.
«Siamo a buon punto. Ovviamente non posso anticipare nulla ma credo di poter lasciare all’amico Alessandro indagini molto avanzate».
Le dispiace non averlo fatto lei?
«Un accentratore come me vorrebbe aver fatto tutto...».
E di andarsene?
«Moltissimo, sapesse la soddisfazione andare in giro per la città, sentirsi chiamare per nome e ringraziare per il lavoro svolto. Un risultato ottenuto grazie al personale della squadra mobile e al questore che mi ha sempre dato fiducia e autonomia».
Tutte rose e fiori, ma un rimpianto ce l’avrà pure?
«Una nave dal Sudamerica con tonnellate di cocaina. Stavamo addosso ai trafficanti da mesi, poi hanno mangiato la foglia e fermata la spedizione.

Un sequestro del genere non mi capiterà più».

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