"Ai giovani recito Testori I classici sfidano internet"

L'attore in scena al Parenti ne «Il dio di Roserio» «I grandi autori del '900, un tesoro da riscoprire»

"Ai giovani recito Testori I classici sfidano internet"

«I testi di Gadda, Pasolini e Testori che porto in teatro per me sono un'officina sempre aperta. Si tratta di autori fondamentali del '900 italiano: non lo dico io, è opinione condivisa».

Fabrizio Gifuni, ci parli de "Il dio di Roserio" di Giovanni Testori, che farà al Parenti dal 3 al 6 maggio. Un amore recente?

«Sì, l'ho letto pubblicamente per il premio Testori, a fine 2015. È un racconto lungo (o romanzo breve) che uscì nel 1954 nei Gettoni curati da Vittorini per Einaudi. Metto in scena uno studio sul primo capitolo. Quelle pagine, che nella prima edizione avevano una certa incoscienza, tanto da suscitare le critiche di Calvino, furono ripulite nell'edizione successiva. Il capitolo, quello originario, mi ha acceso di passione teatrale, impossibile resistergli».

Ci rammenta la storia, a grandi linee?

«Il racconto è imperniato sul ciclista Dante Pessina che fa cadere il gregario Sergio Consonni: aveva osato ribellarsi, cercando di superarlo senza rispettarne l'autorità. Il gregario rimane menomato nell'intelletto e il rimorso accompagnerà per sempre il campione. Sullo sfondo, la periferia di Milano, di cui Roserio è un lembo, come Novate, patria di Testori. L'esordio narrativo dello scrittore che diventerà un gigante della letteratura, artista, drammaturgo, polemista senza pari - con Pasolini scuoteva le coscienze dalle colonne del Corriere della Sera - ha dentro gli elementi cari all'autore: popolo, colpa, riscatto, degrado morale».

Ma non è stato scritto per il teatro. Difficoltà?

«Trovo che quel capitolo sia molto vicino all'ultimo Testori teatrale, quello di Exit. E anche se non è stato pensato per il teatro, ha grande forza scenica. Il teatro è in grado di attivare un campo magnetico tra l'attore e gli spettatori. Anche gli spettatori fanno lo spettacolo, diverso ogni sera non soltanto per le variazioni di recitazione. I corpi del pubblico, in risonanza con l'attore, cambiano la temperatura del rito teatrale».

La magia riesce spesso? Lei, Gifuni, alle prese con Gadda e Pasolini, trasmette anche respiro e sudori.

«Quando riusciamo a farci ascoltare dal palcoscenico, il teatro ha forza dirompente. È un'esperienza unica e viva, in controtendenza con un mondo dominato dal grande fratello Internet. E arriva ai giovani che magari, anzi certamente, hanno affrontato male a scuola autori come Testori. Nomi trascurati o, peggio, diventati obbligo di lettura, che perdono la loro attrattiva. Non dimenticherò mai i giorni di lancinante tristezza quando, ormai ex studente, scoprii la grandezza dei 'Promessi sposi' digeriti a stento tra i banchi».

Il teatro funziona come prova d'appello per grandi testi?

«Anche.

Queste pagine sono necessarie per la nostra identità linguistica e di italiani. Ho riscoperto anche Primo Levi, ma per ora non farò uno spettacolo da suoi romanzi. L'officina Gadda, Pasolini e Testori mi darà ancora da lavorare».

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