Cronaca locale

Aids, 400 casi l'anno in città "Manca percezione di rischio"

Oltre un terzo dei contagi avviene inconsapevolmente E l'85 per cento dei ragazzi non usa il preservativo

Aids, 400 casi l'anno in città "Manca percezione di rischio"

Continua a mietere contagi il virus dell'Hiv. Nel 2018 sono stati 430 le nuove diagnosi a Milano, il 70 per cento della Regione e oltre il 10 per cento di tutta Italia, dove se ne contano circa 3mila ogni anno. «Numeri ancora troppo alti, ma la giornata mondiale della lotta contro l'Aids non deve essere la giornata degli allarmismi, che non pagano ma deve indicare delle priorità - spiega Andrea Gori, direttore dell'Unità Operativa Malattie Infettive del Policlinico e presidente di Anlaids Lombardia -. Doppio il binario su cui muoversi, perchè i contagi continuano ad aumentare: educazione e diffusione di strumenti che aiutino a prevenire il contagio». Se la comunità gay milanese sta crescendo e ha raggiunto popolazione e attrattività pari a quelle delle città europee, non è così per quanto riguarda la profilassi: a Londra è stata lanciata una campagna sulla PrEP (la profilassi) che ha raggiunto 20mila persone, ora si punta a 28mila. In città ricorrono a questi farmaci in 900». Di cosa si tratta? Di farmaci antiretrovirali, che oltre a bloccare la replicazione del virus nei sieropositivi, è risultato efficace anche nel prevenire l'infezione in chi non ha contratto il virus, ma si trova in contesti di particolare rischio. Il trattamento prevede l'assunzione di una compressa al giorno, nel caso di abitudini di vita promiscua, oppure due compresse prima e dopo il rapporto sessuale, riducendo così di molto il rischio.

«Il problema della Lombardia è il sommerso: il 56 per cento delle diagnosi di infezioni sono tardive, ovvero a 7 anni dal contagio, il che significa che queste persone possono aver infettato altri individui seppur inconsapevolmente - spiega Gori -. La percezione del rischio è molto labile in generale sia nella comunità gay che etero, che forse rappresenta la fetta più consistente del sommerso. L'85 per cento dei giovani, per esempio, non usa il preservativo. La sfida ora - continua il direttore - è intercettare il sommerso, ovvero persone sieropositive che non lo sanno: il senso è che se riusciamo a fare diagnosi in tempo e a trattare le persone conteniamo la diffusione del virus, ma di nuovo non si può fare se le persone non fanno il test o scoprono di essere sieropositive molto tardi».

Gli ospedali però non possono aspettare che siano le persone a decidere di fare il test, prendere un appuntamento ed eventualmente curarsi perché il percorso così è troppo lungo e macchinoso ed esiste ancora un forte stigma rispetto all'Aids. «Bisogna rendere il più veloce e agile possibile l'accesso a test, servizi e cure» osserva Gori. Come ha fatto il Policlinico con il Centro MTS (Malattia a trasmissione sessuale) di via Pace 9 ad accesso gratuito e libero, senza cioè prenotazione nè impegnativa, o il progetto Fast Track City cui il Comune ha aderito aprendo lo sportello alla Casa dei diritti di via de Amicis 10, che fornisce test e counselling gratuito e anonimo (il giovedì è attivo lo «Sportello PrEP» per visite e test rapidi). Così tutte le donne vittime di violenza sessuale che approdano al Soccorso Violenza Sessuale in Mangiagalli vengono trattate con terapie e seguite per evitare l'eventuale contagio, mentre le associazioni di strada «agganciano» prostitute e transessuale, che non mettono piede in ospedale, «per proporre loro test e controlli, e affrontare il sommerso dall'altro capo» spiega ancora Gori.

Altra arma fondamentale è l'educazione: Anlaids entra nelle scuole secondarie per parlare ai ragazzi tra i 16 e i 18 anni dei rischi dei comportamenti sessuali promiscui, tenendo conto che la fascia più colpita è quella tra i 25 e i 29 anni.

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