In Lombardia ci sono 150mila famiglie a rischio usura. E l'arcivescovo Mario Delpini lancia un appello: «Vi incoraggio - ha detto ieri all'assemblea annuale della Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II - a promuovere nei soggetti economici e finanziari, in particolare nelle banche, la responsabilità nei confronti della comunità e del territorio. Voi conoscete la sapienza che ispira l'uso del denaro, occorre una maggior prudenza nel prestito per il consumo che spesso viene erogato senza valutare la reale capacità delle famiglie di sostenere gli impegni. È necessario superare l'approccio burocratico e impersonale che spinge a intraprendere azioni di recupero del credito disinvolte nei confronti delle imprese e delle famiglie. E ancora bisogna che il sistema creditizio valuti attentamente i casi di cessione dei crediti in sofferenza delle imprese e delle famiglie perché non si perdano insieme alla solvibilità bancaria la dignità, il lavoro e la casa».
Secondo una ricerca della Consulta, al Nord questo fenomeno è tutt'altro che secondario. Nel decennio della crisi in Lombardia le famiglie in dissesto finanziario a rischio usura sono passate dal 3,3 per cento al 5,7 per cento, per un totale di 150mila casi. Nella graduatoria di rischio Milano occupa il penultimo posto tra le provincie italiane, seguita solo da Bolzano. Lecco però è al settimo, Varese al 12esimo, Brescia al 14esimo, Monza al 16esimo, Bergamo al 17esimo, Lodi al 24esimo, Pavia al 33esimo, Como al 36esimo, Mantova al 40esimo. Per quanto riguarda le difficoltà di accesso al credito Milano è la provincia dove si incontrano meno ostacoli. Tuttavia in altre province lombarde non è altrettanto facile accedere a prestiti bancari: Pavia è al 58esimo posto, Varese al 44esimo, Como 37esimo, Monza al 27esimo, Cremona al 26esimo, Lecco al 14esimo, Mantova al 13esimo. «L'inserimento della malavita - ha aggiunto Delpini - avviene perché coloro che sono sovra indebitati accettano di essere inseriti in un meccanismo perverso che li rovina.
Il fenomeno è difficile da districare persino per le forze dell'ordine. I parroci possono fare molto, perché sono presenti capillarmente nel territorio, vivono in mezzo alla loro gente, non sanno tutto, ma ascoltano e possono consigliare».
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