Ambrosoli ora fa retromarcia: gli indagati restano nelle liste

La sinistra cambia linea sugli avvisi di garanzia ai consiglieri ricandidati: dimissioni solo in caso di processo. E per l'avvocato la colpa è sempre degli altri

Umberto Ambrosoli, candidato del centrosinistra in Regione Lombardia
Umberto Ambrosoli, candidato del centrosinistra in Regione Lombardia

Questa non gli ci voleva. Mancano quattro settimane al voto e Umberto Ambrosoli si trova alle prese con un colpo imprevisto - almeno da lui - e forse imparabile. Il caso giudiziario che turba i sonni della sinistra è quello dei rimborsi in Consiglio regionale. L'ipotesi di reato su cui indaga la Procura è peculato. E fra i ventinove indagati ci sarebbero i capigruppo di Pd, Sel, Idv e Udc. Una brutta tegola. E un facile argomento per il suo avversario, Roberto Maroni: «Caro Ambrosoli, come la mettiamo con la promessa natalizia di liste senza indagati? Casciaball cosmico». In effetti l'avvocato ieri mattina si è mostrato preoccupato di far vedere una qualche reazione. Anti due. Prima ha commentato la vicenda, poi ha annunciato contromisure. Dovendo giustificare in qualche modo i partiti che lo sostengono, ha cercato di spostare il tiro sugli altri. «Chi fino ad oggi ha avuto la possibilità di governare la Regione negli ultimi 20 anni - ha detto - non ha neanche lontanamente provato a prevenire questo fenomeno». Quindi ha tentato di distinguere fra le vicende che hanno riguardato i due diversi schieramenti. «Sappiamo - ha osservato - che c'è una differenza incredibile tra le ipotesi al vaglio della magistratura». «Ma io - ha aggiunto - di questo non mi accontento, non mi fermo sulla differenza pur fortissima, io voglio prevenire».
Non accontentandosi, a metà mattina ospite della Cisl e poi a mezzogiorno alla presentazione della lista «Con Ambrosoli presidente», ha annunciato la richiesta avanzata ai partiti della sua coalizione - e da questi accolta ufficialmente poche ore dopo: chi dovesse essere rinviato a giudizio dovrà dimettersi. Ma l'asticella si è abbassata rispetto alla regola che anche il Pd si era imposto statutariamente: il possibile «no» alla candidatura degli indagati. Un principio discutibile, è vero, ma su cui a sinistra si punta spesso, quando si tratta di proclami teorici sulle cosiddette «liste pulite». E lo stesso Ambrosoli in effetti a dicembre aveva fatto sapere di aver chiesto che non ci fossero indagati nelle liste, pur ammettendo che non sarebbe stato facile. Ora deve prendere atto che non ci sarà un passo indietro - formale o sostanziale - delle persone coinvolte. Nessuna rinuncia a correre, come si ipotizzava. Da ieri si sa che a sinistra aspetteranno gli eventuali processi. La campagna elettorale ha un ostacolo in più. Non sembrava poter potare su carisma e popolarità, Ambrosoli, che ha scelto di buttarsi nella mischia elettorale, dopo qualche tentennamento, giocando tutte le sue carte sul profilo civico e sul tema della legalità. Ora, con una ventina di giorni che lo separano dalle urne, dovrà far dimenticare anche questa vicenda.

E sarà un caso, ma presentando la sua lista civica ha insistito sul fatto che si tratti di «volti nuovi, con proposte di discontinuità e portatori di impegno sul rispetto dell'etica e dei valori a garanzia di trasparenza e partecipazione». Intanto i suoi candidati si sono impegnati - fra l'altro - «a non utilizzare beni provenienti dalla Regione per scopi diversi da quelli dell'istituzione regionale».

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