Le ruspe sono tornate in via Borgogna, nel cuore della città, per realizzare l'autosilo sotterraneo voluto dal Comune e dall'impresa Expo Borgogna Parking, ma fortemente osteggiato dai residenti che per già due volte in questi anni sono riusciti a ottenerne la bocciatura in sede giudiziaria. Invano perchè, malgrado rappresenti un progetto anacronistico che risale al piano parcheggi dell'era Albertini, la giunta di Palazzo Marino continua puntualmente a riproporlo con modifiche più formali che sostanziali. Ne è più che certo il professor Gianpaolo Rosati, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico, che sul progetto dell'autosilo di via Borgogna ha già condotto in passato un'accurata analisi peritale; e lo ha fatto anche sull'ultima versione del piano su cui i residenti hanno depositato l'ennesimo ricorso. Il professor Rosati è attualmente l'unico strutturista della commissione di periti del Gip di Genova per l'incidente probatorio sul crollo del Ponte Morandi.
Professore, già in passato aveva denunciato problemi di sicurezza del cantiere per gli edifici di via Borgogna. Gli scogli sono stati superati?
«Direi proprio di no. Rispetto ai progetti precedenti ci sono stati aggiustamenti, come lo spostamento della rampa di accesso dell'autosilo, o il fatto di realizzare come primo orizzontamento quello di piano terra con l'intento di non interrompere mai la circolazione stradale sulla Via Borgogna. Ma dal punto di vista tecnico continuo a vedere criticità e addirittura errori evidenti sul problema sostanziale».
Quale?
«Mi riferisco alla sicurezza per la staticità degli edifici circostanti, tenendo conto delle caratteristiche di uno scavo di quattro piani interrati a poca distanza da due fila di edifici sul cui stato delle fondamenta non sono state fatte analisi adeguate. Basta leggere l'intero piano: non esiste una comparazione corretta tra la relazione di calcolo del progetto esecutivo dell'autosilo e il documento FATE, che è quello che invece riguarda le ripercussioni sulle altre strutture».
Sta dicendo che l'impresa fornisce garanzie sulla sicurezza del progetto dell'autosilo ma non su quella dell'area?
«Di fatto è così, c'è una relazione tecnica lacunosa e contraddittoria; tenga presente che questo tipo di comparazioni è esattamente ciò di cui io mi occupo anche come capo della commissione regionale sui progetti di ricostruzione per il sisma in Emilia. Nel progetto di Expo Borgogna Parking c'è una frase che, nei punti chiave, viene continuamente ripetuta: Vista l'impossibilità di reperire ulteriori informazioni riguardo la tipologia e le caratteristiche delle fondazioni degli edifici latistanti via Borgogna per le analisi dei cedimenti indotti dagli scavi e della loro interazione con i fabbricati, sono state fatte delle ipotesi cautelative.... Ecco, c'è scritto proprio così».
Inquietante. Perchè non sono state fatte queste verifiche?
«Bella domanda. Il punto è che la distanza tra lo scavo e le fondamenta è già molto ridotta, scoprire sorprese sullo stato delle fondazioni porterebbe facilmente a un ridimensionamento di un progetto il cui piano economico, da quel che so, è già molto traballante. L'impresa vuole partire con i lavori a tutti i costi e nella fretta ha addirittura incollato nel documento FATE la pianta di un progetto precedente. Non si lavora così».
E adesso le ruspe entreranno in azione.
«In un contesto del genere l'impresa avrebbe almeno potuto proporre una procedura di scavo in avanzamento, e invece il piano di sbancamento a cielo aperto è esattamente lo stesso dei progetti precedenti. La giustificazione è stata quella di aderire alle richieste della Sovrintendenza ai Beni archeologici, ma questo è chiaramente falso; la Sovrintendenza non anteporrebbe mai le analisi archeologiche alla sicurezza».
E il Comune?
Pausa. «Questo è il punto più triste di tutta la vicenda, perchè il Comune di Milano dovrebbe avere a cuore anzitutto le esigenze e la sicurezza dei cittadini. Purtroppo in questo caso non sembra essere così».
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