Caimi, una piscina ridotta a «bidet»

Caimi, una piscina ridotta a «bidet»

La grande vasca è piena d'acqua. A toccarla col dito, è come è sempre stata: fredda. Il che non ha impedito a generazioni di milanesi di tuffarsi, battere i denti, nuotare. Unica vasca di Milano da cinquanta metri, olimpica. Sabato, ci sono parcheggiate due moto d'acqua, di quegli orrori che sfrecciano di solito sui litorali italiani, e che sabato sera hanno ottenuto di sfrecciare anche sull'acqua della Caimi. Anzi, della Botta, come l'hanno sempre chiamata qui a Porta Romana. Saranno le ultime. Un progetto del Comune ha messo la pietra tombale sulla Botta, così come l'hanno conosciuta i milanesi. E per arrivare a questo risultato ci si sono messi in tanti, giunte di diverso colore, Asl, teatranti. Una concordia di quelle che a fin di bene non si riesce mai a trovare, e che stavolta invece ha valicato anni e schieramenti politici.
«La piscina riaprirà nel 2010», ebbe a dichiarare nel 2009 l'allora assessore allo Sport della giunta Moratti, Alan Rizzi, garantendo ai cittadini che non c'era alcun ipotesi d'accordo con il teatro Franco Parenti per cedergli il controllo dell'impianto pubblico. Invece, evidentemente, qualche accordo stava già viaggiando, o deve essersi materializzato nel frattempo. D'altronde tra i benefattori del Pierlombardo risultano sia il sindaco di allora che sua cognata Milly, oggi grande elettrice della giunta arancione. E poi i Borletti, i De Bendetti, i Micheli, insomma tutta la Milano che conta e di fronte alla quale le esigenze di qualche popolano che pretendeva di avere ancora la piscina per nuotare non avevano speranze di successo.
Il progetto dettagliato di ristrutturazione della Botta al consiglio di zona 4 non è mai arrivato («o almeno a me non lo hanno fatto vedere», dice il capogruppo di Fi Paolo Zanichelli) ma ormai è di dominio pubblico. La vasca verrà amputata di un quasi un terzo: resteranno trentatrè metri di lunghezza, una misura ibrida. Ma soprattutto verrà dimezzata la profondità: un metro e settanta. Insomma, si tocca. Perché la piscina olimpica debba venire ridotta a un grosso bidet collettivo non è chiarissimo, i progettisti accampano scuse sulla depurazione Uva e sulla bella pensata di riempire la vasca con acqua del rubinetto anziché di falda. Addirittura sostengono che la mutilazione serve a fare spazio al solarium, cui ha tolto luce un palazzo sorto in via Lattuada: come se non si potesse continuare come nei settant'anni precedenti ad abbronzarsi nei prati laterali. Ma è chiaro che meno la piscina sarà appetibile dai nuotatori, e più disponibile sarà per le attività del teatro Parenti. Che intanto ha già iniziato a espandersi, dove c'erano le docce e i bagni stanno già prendendo forma sale di prova, gallerie, bar.

Il grande atrio razionalista su cui si affacciavano le cabine dello spogliatoio a rotazione è cadente, in attesa di venire riconvertito anch'esso. Si diceva che ci fossero dei vincoli architettonici: ma la Sovrintendenza, pronta a tutelare anche i sassi del pavè, stavolta non ha mosso un dito.

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