Cronaca locale

Caso Cè, la Lega non vuole uscirne a mani vuote

I lumbard chiedono «maggiore visibilità» e le dimissioni del forzista Abelli. Ma Berlusconi è contrario

Marcello Chirico

Entro martedì prossimo, giorno in cui è stata fissata la ripresa dei lavori consiliari, il «caso Cè» dovrebbe trovare una soluzione. Lo ha dichiarato lo stesso ministro della Lega, Roberto Calderoli, uscendo venerdì scorso dal summit di Arcore, annunciando che della questione se ne occuperà pure il consiglio federale padano convocato per lunedì.
Berlusconi e Formigoni pare abbiano raccolto la disponibilità della Lega a privarsi di Alessandro Cè in giunta, resta però ancora da capire che prezzo dovrà pagare il resto della maggioranza (e Forza Italia in primis) affinché questo possa avvenire per davvero. Perché il Carroccio vuole uscire dal braccio di ferro politico in corso limitando al minimo le perdite, se non addirittura portando a casa qualche significativa contropartita in grado di trasformare l’apparente sconfitta in una parziale vittoria.
Ad Arcore il Senatùr e i suoi hanno messo sul tavolo un ventaglio d’opzioni, da quelle più ardite ad altre più percorribili. La più ambiziosa si chiama «maggiore visibilità», che significa un rafforzamento della Lega all’interno della giunta lombarda. Per esempio, con l’attribuzione della vice-presidenza al Carroccio (attualmente assegnata ad An, nella persona di Viviana Beccalossi), anche se questo andrebbe inevitabilmente a creare attriti col partito di Fini, che all’inizio di questa ottava legislatura si è visto sottrarre l’assessorato alla sanità proprio dalla Lega. Siccome poi i rapporti tra An e lùmbard non sono proprio idilliaci, le conseguenze potrebbero essere pericolose.
L’altra ipotesi allo studio è invece un mini rimpasto di deleghe che coinvolga esclusivamente Forza Italia e Lega, con quest’ultima che manterrebbe in giunta Cè ma con altre funzioni, però esautorando contemporaneamente il formigoniano Giancarlo Abelli (l’uomo di cui Bossi continua a chiedere l’eliminazione) dalle proprie. In questo caso la Lega sarebbe anche disponibile a perdere la sanità, cedendola in toto a Forza Italia.
Infine resta la soluzione meno gradita alla Lega, ovvero quella di perdere Cè ma non la sanità, che a quel punto verrebbe assegnata ad un altro leghista, con l’ex assessore dirottato a qualche altro incarico all’interno di qualche importante ente regionale. Superfluo dire che questa è, ovviamente, la proposta preferita da Formigoni, ma che per poter essere attuata dovrà essere bilanciata da una sostanziosa contropartita, e non a caso i leghisti continuano a chiedere la testa di Abelli nonostante l’assoluta e ferma opposizione dello stesso Berlusconi.
L’ipotesi più accreditata, al momento, sembrerebbe essere comunque quella di una sostituzione definitiva di Cè, nonostante la refrattarietà della Lega a privarsene tanto facilmente. Il vero problema, dopo la risoluzione del caso, sarà semmai la tenuta al Pirellone dell’attuale maggioranza, poiché la querelle dell’ultimo bimestre è figlia di una vicendevole insofferenza tra formigoniani e leghisti, con questi ultimi più che mai desiderosi di affrancarsi dal giogo del governatore, che - a sua volta - non li ritiene più un alleato affidabile. La convivenza, seppur difficile, potrebbe trascinarsi fino alle prossime elezioni nazionali, dopodiché arrivare ad una definitiva risoluzione. Col governatore che, a quel punto, per poter conservare in consiglio una maggioranza non risicata, sarebbe costretto ad imbarcare in giunta un nuovo alleato.

La Margherita è tra i primi indiziati.

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