Chi sono i politici che dopo anni di incarichi non avranno una poltrona

Chi sono i politici che dopo anni di incarichi non avranno una poltrona

E poi ci sono loro. Gli uomini e le donne per cui queste elezioni segnano, in modo probabilmente irreversibile, l'addio alla politica. Intesa non come passione delle idee, che quella - per quanto mutevole - non abbandona mai. Ma la politica pubblica, la carica istituzionale, la poltrona che è insieme punto d'arrivo e punto di partenza. Alcuni per scelta, alcuni per anagrafe, alcuni perché travolti dalle alchimie di partito o - peggio - dalle traversie giudiziarie. Sono tanti, i lombardi che, dal punto di vista della cadrega, da domani non saranno più nulla. C'è chi prepara le valigie per Roma e c'è chi si accinge a disfarle per sempre.
Escono dallo scenario nomi importanti. Torna comune cittadino Filippo Penati, placcato dalla Procura di Monza in una ascesa che pareva inarrestabile nel Gotha del Partito democratico. E seguono la sua sorte per motivi analoghi uomini e donne di diversi orientamenti: da Renzo Bossi a Massimo Buscemi, da Massimo Ponzoni a Stefano Galli. Che farà da domani Paolo Valentini Puccitelli, fino a ieri capogruppo del Pdl al Pirellone? E come passerà le sue giornate Gian Marco Quadrini, consigliere uscente dell'Udc, parcheggiato a fare numero senza speranze nella lista per la Camera? Si spengono nei fiocchi di neve carriere che senza l'ingombro degli avvisi di garanzia sarebbero proseguite chissà quanto. Chiunque sbarchi dopodomani in consiglio regionale, dovrà fare a meno della rude compagnia di Franco Nicoli Cristiani, fino a ierl'altro signore delle tessere bresciane, o della simpatia conviviale di Valerio Bettoni, quello della Nutella in nota spese: si è candidato in sostegno di Ambrosoli con il Centro Popolare, ma con chance sottozero.
Ma anche tra chi non è mai stato sfiorato dai sospetti dei giudici si assiste alla chiusura di capitoli di vita e di carriera. Si chiude dopo un ventennio l'esperienza parlamentare di Gaetano Pecorella, avvocato e professore, fino a ieri presidente della Commissione d'inchiesta sul traffico dei rifiuti, transitato a novembre dal gruppo Pdl di Montecitorio al gruppo Misto, e da lì il mese successivo al misterioso gruppo «Italia Libera-Popolari Italiani-Popolari per l'Europa-Partito liberale italiano». Torna alla professione forense anche Pierluigi Mantini, già brillante esponente della Margherita, eletto nelle liste del Pd e passato l'anno successivo nell'Unione di centro per il Terzo polo. E un altro protagonista delle aule di giustizia, Gerardo D'Ambrosio, già procuratore della Repubblica e capo del pool Mani Pulite, lascia lo scranno di senatore del Partito democratico che ha occupato senza grandi soddisfazioni negli ultimi anni.
Viene restituito alle brume pavesi Giancarlo Abelli, zar del Pdl in riva al Ticino. Si avvia a godersi la meritata pensione una figura-simbolo della vecchia Dc lombarda, Maria Pia Garavaglia, già ministro della Sanità e commissario della Croce Rossa, che pur essendo nativa di Cuggiono nel 2003 tra lo stupore generale, prima di fare la senatrice per il Pd, venne anche chiamata a fare la «vice» del sindaco di Roma Walter Veltroni.

Torna alla professione di agente immobiliare un altro personaggio a suo modo simbolico quale Gabriele Cimadoro, noto ai più come cognato di Antonio Di Pietro e fino ad oggi deputato nel partito del medesimo: il partito è in via di dissoluzione, Di Pietro è finito con il suo ex collega Ingroia, e sarà già un miracolo se almeno lui riuscirà a mantenere il posto in Parlamento. E insieme a loro tanti altri: addii volte crudeli, a volte immeritati. E a volte, va detto, decisamente tardivi.

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