Cittadella della salute/ Frenata sull'area Falck, sulla vendita è scontro

Il giallo della bonifica e le tensioni tra acquirenti Mantovani apre all'ipotesi di una sede milanese

Cittadella della salute/ Frenata sull'area Falck, sulla vendita è scontro

I giochi sembravano fatti. Dopo mesi di tira e molla, Sesto San Giovanni aveva vinto la sfida contro Milano e si era aggiudicata la cittadella della salute (Besta più Istituto tumori) concedendo gratis le ex aree Falck. Al lavoro, per mettere a punto il progetto del nuovo polo sanitario, era già sceso in campo non un architetto qualunque ma Renzo Piano in persona. Il progetto di bonifica era stato approvato dal ministero della salute. Insomma, la macchina si era messa in moto per realizzare il maxi ospedale da 450 milioni e 660 posti letto.

Ora arriva la frenata. E sulla sede della cittadella pende un interrogativo pesante. A sollevarlo è l'assessore lombardo alla Sanità Mario Mantovani: «Non nascondo che i problemi sono molti, sui temi ambientali in particolare». Le valutazioni sono in corso ma non è poi così certo che la bonifica dei terreni, già impostata da mesi, porti ai risultati sperati.

E in contemporanea, sull'intero progetto Falck esplode uno scontro frontale tra immobiliaristi, dalle conseguenze imprevedibili: con il gruppo che ha rilevato l'area che accusa i venditori di avere occultato le vere condizioni dei terreni e anche le tangenti viaggiate in direzione delle amministrazioni locali. Gli acquirenti, ovvero la Sesto Immobiliare di Davide Bizzi, chiedono di non pagare le ultime rate - circa sessanta milioni di euro - previste a favore dei venditori, il gruppo Risanamento, già in mano a Luigi Zunino e oggi controllato dalle banche. Se non si dovesse trovare un accordo, Bizzi chiede (ma allo stato sembra poco più che una minaccia) che l'intera operazione Falck venga annullata e che gli vengano restituiti i 345 milioni già pagati.

Una cosa però, in questo quadro agitato, non è in discussione: per l'assessore alla Salute, il Besta, Sesto o non Sesto, sarà oggetto di lavori. «La certezza di migliorare l'istituto, ristrutturarlo e trasferirlo c'è - assicura Mantovani - . Se poi dovessimo riscontrare che in quella sede ci sono particolari difficoltà, troveremo delle soluzioni alternative».

Un sentore di incertezza era già emerso quando il presidente della commissione sanità della Regione Lombardia, il leghista Fabio Rizzi, aveva sollevato dubbi sulla scelta dell'area. Tuttavia all'inizio di maggio la commissione consigliare aveva sciolto le riserve decretando: «La cittadella si farà». Mantovani non nomina ad alta voce altri luoghi papabili, ma si limita a commentare: «Milano è piena di aree». Quel che è chiaro a tutti è che sia l'Istituto tumori sia il Besta hanno assoluta urgenza di traslocare.

In via Venezian ci sono sale operatorie fuori norma e cedimenti della falda acquifera. Il Besta scoppia, opera in una struttura che risale al 1938. «Qui abbiamo i contenuti ma non il contenitore adatto - spiega il direttore generale Alberto Guglielmo - Per noi è fondamentale andare via».

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