Cronaca locale

«Colpo al corpo», tre giorni sulla performance

Parte oggi il festival che vede in scena artisti internazionali: tra danza e travestimento

Antonio Bozzo

Che cos'è la Performing Art? Non bisogna cercare Sgarbi per farcelo spiegare, la risposta è alla Dance House Susanna Beltrami, in via Tertulliano 70, dal 18 al 20 giugno: i giorni in cui dodici artisti, con diversa storia e formazione, danno vita alla prima edizione del Festival dedicato, appunto, alla Performing Art . Il Festival è curato da Nicola Mette e DancehausPiù, centro nazionale di produzione della danza. Titolo della rassegna è Colpo al corpo. Gli artisti, poeticamente snodati, capaci di far sognare, non si limitano a disegnare geometrie nello spazio: affrontano, con la forza di suono, parole e movimento, i pregiudizi, gli odi, le fobie del mondo odierno. L'obiettivo è ambizioso, ma da sempre l'arte, anche scenica, è una glossa critica al reale. Sotto mira, c'è anche il fascismo, i cui rigurgiti preoccupano. Elencare i dodici apostoli della Performing Art, tutti ovviamente giovani, ruberebbe troppo spazio. Si va da Giorgia De Santi, che apre il Festival con una performance di tre ore, durante la quale si lega a un muro con funi e carrucole; un prigioniero del dolore per far capire, ai normodotati, quanto può essere difficile muoversi se si hanno impedimenti. Vedremo Marisa Garreffa, scrittrice e performer australiana. Il suo lavoro nasce dalla pratica creativa del recupero dai traumi e insegna a raccontare le nostre proprie storie del corpo come soluzione terapeutica. Il greco Filippos Tsitsopoulos, che vive tra Atene e Londra, arriva con le sue maschere, forma di protezione, travestimento, esibizione, intrattenimento. Per trovare l'identità autentica, «mascherata» dalle convenzioni. Nicola Mette, artista militante che vive tra la Sardegna e Milano, porta in scena Rajm, seguito di Isis fuck you, performance sul terrorismo islamico. Con un lancio da un elastico, racconta il tragico destino degli omosessuali perseguitati dallo Stato Islamico per la loro scelta di vita. Mette si mostra nei suoi aspetti più intimi e privati, per dare ancora più forza alla sua sacrosanta denuncia. Sara Simeoni, ballerina e coreografa appartenente alla Carolyn Carlson Company, crea una performance per segnalare un corpo in stato di perenne urgenza; forse per ricordare che dove sta il massimo pericolo, sta anche la salvezza. Ecco invece Chiara Bersani, Premio Ubu 2018 come migliore performer under 35, che presenta il suo Seeking Unicorn, performance attesa. «Io, alta 98 cm, mi autoproclamo carne, muscoli e ossa dell'Unicorno. Non conoscendo il suo cuore provero a dargli il mio respiro, i miei occhi. Di lui raccogliero l'immagine, ne faro un costume destinato a diventare prima armatura, poi pelle. Nel dialogo tra la mia forma che agisce e la sua che veste, scopriremo i nostri movimenti, i baci, gli sbadigli.

Io, che ho 32 anni, mi assumo la responsabilita di accogliere il suo smarrimento centenario».

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