Il commento Difendiamo la croce dagli euroburocrati

di Davide BoniSono profondamente convinto che ogni popolo debba necessariamente salvaguardare se stesso: questo non significa fare solo leggi o avere politiche economiche e sociali che posizionino il proprio Paese come uno dei più industrializzati al mondo, perché se oltre ai riconoscimenti internazionali non vi è nulla che lo distingua o lo renda unico e diverso dagli altri, allora questo Paese è destinato a morire. Non a caso esistono distinzioni ben precise tra cosa sia una nazione e un popolo. E proprio quest’ultimo esprime un sentimento di «appartenenza», qualcosa che va oltre a dei confini tracciati su una cartina. E l’anima, un popolo, non può costruirsela da un giorno all’altro, né qualcuno può venire a regalarne una qualsiasi. Ecco perché rabbrividisco quando qualche burocrate pretende di sapere quali siano i nostri valori e quali debbano essere o meno i simboli che hanno contribuito a costruire noi stessi e il nostro Paese e soprattutto il nostro popolo. Perché nessuna legge, nazionale o internazionale, potrà mai proibire di negare millenni di storia, perché noi, che piaccia o meno agli altri, abbiamo profonde radici cristiane che si rispecchiano in maniera limpida anche nel simbolo della croce. Il crocifisso deve rimanere laddove è sempre stato, perché è uno dei simboli cristiani che più racchiude l’essenza di quello che è il nostro popolo. Lì deve rimanere, perché deve essere un monito alle generazioni presenti e a quelle future. Punto. Un popolo che non è in grado di difendersi, abbassando la testa e chiudendo gli occhi dinanzi a chi vorrebbe cancellare con un colpo di spugna una tradizione millenaria, ha già perso se stesso e quindi, non avendo un’anima, non può continuare ad esistere. È comunque avvilente che qualcuno sia disposto a nascondere quello che siamo solo per compiacere chi non la pensa come noi, non porta rispetto per la nostra identità e fa della propria fede un’arma con la quale ferirci. Non possiamo vendere noi stessi a culture estranee, perché in questo modo dimostriamo di non avere memoria, anche perché le nostre radici sono le stesse che reggono l’Europa. Ecco perché è corretta la mobilitazione generale che deve essere a 360 gradi. Si può discutere di tutto, ma su questi temi ci deve essere fronte comune.

Nessuno dovrà mai dirci in cosa credere o in che modo dimostrare la nostra appartenenza. Tutti sappiano che non esiste legge che possa farci togliere i simboli della nostra tradizione dalle aule scolastiche.
*Assessore regionale al Territorio

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