Il governatore Maroni non ci sta a fare la parte del gufo. Due giorni fa ha lanciato l'allarme: «Rischiamo di non completare le opere per Expo». Il premier Renzi in una botta e risposta a distanza ha gettato acqua sul fuoco, «ha parlato di professionisti del pessimismo». Ieri dalla Cina l'ha buttata in caciara: «Se un sano federalista come Maroni vuole l'aiuto da Roma, il governo c'è» alludendo alla storica avversione dei leghisti verso il potere centrale. Il viceministro per le Infrastrutture Riccardo Nencini ha ribadito che «ci sono le condizioni per chiudere i lavori nei tempi richiesti», per domani è fissato il Consiglio dei ministri che (finalmente) dovrebbe adottare le misure per aiutare la società Expo a uscire dallo stallo dopo lo scandalo «appaltopoli». Ma Maroni è tornato alla carica anche ieri, ribadendo che il suo «non è allarmismo ma un allarme fondato». Ricorda di aver spedito già il 4 marzo una lettera al governo con le richieste del territorio per finire i cantieri in tempo, ma «in tre mesi non è stati fatto nulla, è incomprensibile». Il documento conteneva l'elenco dettagliato degli interventi urgenti legati al 2015: le varie infrastrutture, richieste finanziarie come la deroga al patto di stabilità per i Comuni lombardi virtuosi, la copertura della quota lasciata dalla Provincia in Expo spa, il finanziamento delle spese straordinarie legate alla sanità. Temi che poco hanno a che fare con lo scandalo tangenti, ma con l'organizzazione pratica dell'evento e delle opere connesse. Anche il Comune aveva presentato la lista della spesa (o piuttosto delle spese): un pacchetto di fondi straordinari per 50 milioni, perchè non potrà essere accollata ai milanesi la raccolta rifiuti lasciati da 20 milioni di visitatori in giro per la città, il potenziamento del trasporto pubblico locale, gli straordinari per i vigili o persino dell'allestimento di bagni pubblici adeguati alla domanda. Senza la certezza dei fondi da Roma, l'allestimento dei super-servizi resta al palo. «La Lombardia ha fatto quello che doveva, il governo - riattacca Maroni - si era impegnato a prendere queste misure ma da allora non è successo nulla. Oltre alla vicenda Cantone...». Io ha concluso «non sono pessimista, ho lanciato un allarme. E le reazioni che sono avvenute, un pò sopra le righe, mi fanno pensare alla storia di chi dice il re è nudo e se la prende con chi lo dice». Concorda il coordinatore provinciale di Forza Italia Luca Squeri: «L'unico modo per andare d'accordo con Renzi è convincersi di vivere nel paese dei balocchi. Il monito non può essere liquidato con un superficiale pensi alla Lombardia, se non vabnno bene i professionisti del pessimismo, non servono neppure quelli dell'illusionismo».
E nella schiera dei preoccupati si infila il presidente di Atm Bruno Rota, che ha ordinato ad Ansaldo Breda 30 nuovi treni rossi per la metropolitana, per un investimento di 220 milioni. Per maggio 2015 devono entrare in servizio i primi 14, tutti sulla linea 1. E «sono assolutamente indispensabili». Il primo dovrebbe uscire dagli stabilimenti di Reggio Calabria entro l'estate. Riferisce che il cronoprogramma è in ritardo per ora «solo» di 16 giorni. Ma Atm sta col fiato sul collo. Breda ha un buco di mezzo milione. Produce i vagoni, ma commissiona (e deve pagare) all'esterno gli allestimenti.
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