Il 20 maggio del 2000, apriva un sito. Nome: Dagospia. Da allora il mondo dell'informazione italiana, piaccia o non piaccia lo stile della maison, è cambiato parecchio. Lui, Roberto D'Agostino, non è propriamente un giornalista. È più un aggregatore intelligente di notizie, che dosa, insaporisce, aggiusta, commenta, rielabora... Risultato: fare un altro tipo di informazione, oltre (e diversa) da quella dei quotidiani, dei telegiornali, dei grandi gruppi editoriali, dei siti di contro-informazione, dei fanatici della Rete... Il risultato è che il suo è uno dei siti giornalistici più cliccati, ogni giorno. Insomma: Roberto D'Agostino detto «Dago» non è un accademico, ma qualcosa sulla «comunicazione» al tempo dei selfie la può insegnare.
E infatti Roberto D'Agostino sarà domani, alle ore 19, alla Triennale di Milano (all'interno di una serie di eventi organizzati dall'AFIP International - Associazione Fotografi Italiani Professionisti) per una lectio magistralis (nientemeno) su Scrivo fotografia (l'estasi della comunicazione). Obiettivo - anzi, obbiettivo - provare a capire l'impatto sociale della fotografia nel mondo contemporaneo e di come un'immagine (ufficiale, rubata, personale, collettiva, inventata, ritoccata, reale, virtuale...) si pone come strumento di comunicazione nell'ormai sempre più labile confine tra privato e pubblico.
«Scrivo foto. È il nuovo linguaggio. Mentre la letteratura isola, la televisione esclude, il cinema rende passivo lo spettatore, la fotografia digitale include. Mi attiva perché è condivisibile in tempo reale con il mondo. Fatta fuori l'ingombrante macchina fotografica, si è reinventata come semplice applicazione di quel supermedium tascabile che è lo smartphone», spiega D'Agostino-Dagospia.
Il maestro Roland Barthes, lungimirante, nel 1980 preconizzava l'epoca social di Facebook e Instagram: «Nell'era della fotografia assistiamo all'esplosione del privato nel pubblico, o meglio, alla creazione di quella nuova valuta sociale che è la pubblicizzazione del privato». E l'allievo D'Agostino aggiunge: «Ogni foto, una storia. L'alfabeto della mia storia. Il diario della mia vita. Mi serve una memoria istantanea, una fissazione immediata, una specie di protesi dello sguardo che spieghi agli altri non ciò che sono ma ciò che vorrei essere».
E comunque, la prossima volta - da giornalista - invece di scrivere un pezzo, vi scatto una foto. Facciamo tutti prima. Per il resto, buona lezione.
LM
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.