Cronaca locale

Dai padiglioni allo stadio: le scommesse per il futuro

Sembra ieri che l'allora sindaco Letizia Moratti, colei senza la quale oggi non saremmo qui a parlarne, quel 31 marzo 2008 ballava ebbra di gioia, nella tiepida notte di Parigi, uno scatenato boogie-woogie con un enorme diplomatico africano per festeggiare la vittoria su Smirne. Sei anni da quel 31 marzo 2008 e uno esatto dall'apertura dei cancelli, con l'Expo di Milano che sembra avere già più una storia che un futuro. Una vita fatta di grandi slanci e velenose polemiche, di personaggi saliti in cielo e poi rapidamente dimenticati. Da quel gran tessitore che fu Paolo Glisenti, al rapido passaggio di Lucio Stanca. Poi gli entusiasmi Romano Prodi premier e il gelo di Massimo D'Alema ministro degli Esteri. E quell'ormai nell'agiografia «Letizia questo è il governo, non è mica tuo marito», sibiliato dall'astioso ministro Giulio Tremonti che stringeva i cordoni della borsa di fronte all'entusiasmo di Silvio Berlusconi che ha a lungo sperò di essere il protagonista di quella passerella planetaria che sarà calcata da decine di capi Stato. Perché 147 sono i Paesi iscritti e ognuno avrà la sua giornata.
A cominciare dal Vaticano col suo chiostro interattivo per ripercorrere la Bibbia inseguendo l'icona del cibo, dal paradiso terrestre all'eucarestia. E proprio quella dei padiglioni è la sfida per il commissario Giuseppe Sala che ha retto il timone con mano sicura. Perché il più grande cantiere d'Europa diventa ora una Babele di altri sessanta cantieri. Quanti sono i Paesi che ne costruiranno uno proprio, numero record che ha battuto perfino l'edizione monstre di Shanghai. E poi i cluster tematici con caffè, riso, spezie, cereali. E le organizzazioni internazionale come l'Onu, l'Unione europea, il Cern.
Un universo che occuperà un milione e 100mila mq e su cui, secondo la Direzione nazionale antimafia, si muoveranno interessi «maggiori perfino di quelli ipotizzabili dalla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina». Chiaro come la sfida nella sfida sia la necessità di tener lontani gli appetiti della criminalità organizzata. Ma, parlando d'altro, c'è anche l'intricata partita per assegnare gli appalti, cominciata con quello per la «Piastra» da oltre 160milioni di euro che andò alla Mantovani, con un ribasso d'asta mostruoso e mille polemiche. E poi le infrastrutture, strade, autostrade, parcheggi per far arrivare i 20 milioni di visitatori attesi ai tornelli d'ingresso appositamente creati dalla Came, i veneti che hanno messo in sicurezza il Pentagono. «Il governo rispetti i patti, son due mesi che ho scritto al premier Renzi e non mi ha ancora risposto», ha tuonato ieri il governatore Roberto Maroni. Che batte cassa.


E le promesse del dopo Expo? Un grande parco e lo stadio supermoderno da 60mila posti che il Milan vuole costruire per mandare in pensione San Siro.

Commenti