Il Comune non ci sta e prepara le contromosse. La proposta di legge del ministro per il Lavoro e lo sviluppo economico Luigi di Maio di imporre «dall'alto» le chiusure domenicali e festivi agli esercizi commerclai non piace all'amministrazione che sta studiando le contromosse. «Non è pensabile che il governo imponga dall'alto, per decreto, una legge nazionale su un tema così delicato, per altro, che non tiene conto assolutamente delle specificità e delle peculiarità dei singoli territori - tuona l'assessore comunale al Lavoro e commercio Cristina Tajani -. Noi chiediamo autonomia negazionale delle parti, per cui le diverse realtà territoriali abbiano la possibilità di aprire un confronto tra i diversi soggetti coinvolti, i consumatori, gli esercenti e i sindacati. Ognuno ha le sue necessità e ogni territorio le sue peculiarità. Rivendichiamo un margine di autonomia nella declinazione della norma nazionale».
Così ieri in consiglio comunale alcuni esponenti della maggioranza hanno presentato un ordine del giorno in cui Milano chiede al governo un margine di autonomia per aprire un confronto tra le parti. Settimana prossima invece l'Anci metterà intorno a un tavolo gli assessori competenti in materia di comuni campioni - grandi comuni, piccoli comuni, città turistiche - per sondare le posizioni e studiare un eventuale piano di azione comune. I primi di ottobre invece Cristina Tajani incontrerà il suo omologo in Regione, il titolare allo Sviluppo economico Alessandro Mattinzoli per discutere del tema: «Credo che sia giusto imporre la chiusura dei negozi in alcuni giorni di festa nazionale, come il Primo maggio - continua l'assessore al commercio - così credo che gli esercizi a conduzione famigliare debbano avere il diritto di poter chiudere in alcune giornate, ma ripeto all'interno di un quadro di regolamentazione locale. L'appiattimento a livello nazionale rischia solo di essere controproducente».
Ancora da definire le tipologie commerciali che rientreranno sotto il nuovo obbligo. o meglio, sembra che i pubblici esercizi, ovvero bar e ristoranti siano esclusi alle nuove regole, ma in realtà non è così chiaro. In città per esempio un marchio della grande distribuzione da più di un anno ormai tiene aperti i propri punti vendita 20 ore al giorno: sembrerà strano ma questi supermercati sono affollati anche di notte, da persone che magari fanno la spesa per la settimana alle 2330. In parte il marchio ha intercettato una domanda, in parte i consumatori approfittano delle nuove possibilità offerte, finora, dalle liberalizzazioni. Sono anni che a Milano si parla della città che vive ventiquattro ore al giorno e della necessità di adeguare i ritmi della metropoli a quelli di chi ci vive, ci passa, o ci trascorre solo qualche mese.
Ancora da capire poi «se la nostra città verrà catalogata come turistica o meno - conclude Tajani - dal momento che è entrata solo di recente nelle mete da visitare. Certo è che questo cambierebbe le cose dal momento che le città turistiche sono state graziate dal minitro».MBr
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