E il «risiko» delle Province finisce alla Corte costituzionale

E il «risiko» delle Province finisce alla Corte costituzionale

Le nuove Provincie continuano a essere al centro di polemiche. Non solo per l'accorpamento appena deciso dal governo, ma anche per la trasformazione subita lo scorso anno e che diventerà operativa già nel 2013 e che renderà praticamente impossibile ai cittadini eleggere democraticamente i propri rappresentanti.
Così inizia oggi presso la Corte Costituzionale la discussione sui ricorsi promossi da otto Regioni, tra cui la Lombardia, per i rischi di incostituzionalità dell'articolo 23 del decreto Salva Italia, approvato dal governo Monti il 4 dicembre scorso. Nel ricorso le Regioni evidenziano un vizio di incostituzionalità perché avrebbe svuotato le competenze delle Province e modificato il loro sistema elettorale.
Con il Salva Italia la Provincia uscirebbe completamente trasformata, diventando un ente di secondo grado con funzioni di coordinamento delle attività proprie dei Comuni.
Ciò significa che i cittadini non eleggeranno più il presidente della Provincia (né il futuro sindaco metropolitano), a meno che il Comune di Milano non decida di sciogliersi e articolarsi in più Comuni entro l'ottobre del 2013. Una prospettiva poco realistica, che prevederebbe una decisione in questo senso del consiglio comunale, ma è l'unica strada che potrebbe salvare l'elezione diretta del sindaco metropolitano e del consiglio dei dieci che sovrintenderà alla futura Città metropolitana.
L'Upl, l'Unione delle Province lombarde, è sul piede di guerra anche per gli accorpamenti. E chiede un incontro con tutti i parlamentari eletti in Lombardia e con i segretari lombardi e nazionali di tutti i partiti per capire quali sono le intenzioni politiche rispetto alla conversione in legge del decreto di riordino delle Province.
Il Consiglio direttivo dell'Upl si è riunito ieri mattina a Palazzo Isimbardi, sede della Provincia di Milano, proprio per discutere le conseguenze del decreto legge di riordino delle Province. «La nostra maggiore preoccupazione è quella dell'elezione diretta del presidente della Provincia - commenta Massimo Sertori, presidente di Upl e della provincia di Sondrio -. I prossimi presidenti dovranno essere eletti dai cittadini e non dai partiti, come avverrà se il decreto non sarà modificato».
Si levano alte anche le proteste del presidente della Provincia milanese, Guido Podestà. «Il governo per il prossimo anno ha fatto tagli per 1 miliardo e 200 milioni di euro. Le Province muoiono di asfissia senza riuscire a dare i servizi basilari ai cittadini» si lamenta l'inquilino di Palazzo Isimbardi, che ha definito il decreto «un gioco di risiko, anche un po' folcloristico». Podestà sottolinea anche come non siano ancora chiarite funzioni e risorse che saranno destinate alle future Provincie: «Non capisco come possa un funzionario firmare piani triennali di investimenti se non conosce le coperture». Si è fatto un risiko di accorpamenti un pò folcloristico quando, invece, è tutto più complicato».
Podestà ancora una volta non ha escluso la possibilità di lasciare l'incarico in anticipo. «Sto ragionando sull'opportunità di dimettermi perché a questo punto non è più possibile governare bene» osserva. Una decisione che non sembra dietro l'angolo.

«C'è una responsabilità nei confronti dei cittadini e degli elettori, quindi credo sia giusto trovare una sintesi tra il mantenere questo impegno e il valutare le condizioni in cui saremo costretti a lavorare». Ma nulla è escluso: «Molti presidenti di Provincia si sono già dimessi».

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