La signora elegante che si avvicina al finestrino del taxi in piazza Luigi di Savoia sembra avere le idee chiare. E molta fretta. «Lei mi deve portare a Bologna» sussurra con un tono che non ammette repliche al conducente allungandogli una banconota da 500 euro tanto per palesare le sue più che buone intenzioni. Il tassista la guarda fisso come si fa con chi dice un'eresia nella speranza voglia solo scherzare, quindi scuote la testa in un diniego deciso e la guarda negli occhi: «Lei vuole scherzare, vero? Così poi mi danno una multa che per pagarla mi devo vendere la licenza» replica. Quindi ingrana la prima e se ne va. Qualche minuto e un'altra donna, stavolta straniera, sale su un taxi e mostra un foglietto con l'indirizzo alla tassista alla guida del Bmw. Che le risponde: «Signora, questa è una clinica di Sondrio. Da qui ci sono oltre 150 chilometri... Dovrebbe saperlo, deve avere una ragione valida per spostarsi così tanto da Milano. Se ci fermano iniziano a fare domande...». La signora scende senza salutare e si dilegua.
Ve la ricordate la stazione Centrale all'inizio del lockdown, intorno al 9 marzo? Controlli a tappeto già all'ingresso dello scalo ferroviario nei confronti di chi doveva spostarsi in treno. Secondo le direttive del Viminale in merito all'emergenza coronavirus, infatti, ci si poteva muovere solo per concrete esigenze lavorative o di salute o comunque per una manciata di necessità veramente limitate. E chi violava le regole rischia sanzioni pesantissime. Nella fase due i controlli, dopo un iniziale apertura - tanto per vedere come sarebbe andata e se la gente sarebbe riuscita ad auto disciplinarsi - sono ripresi con altrettanta solerzia da parte delle forze dell'ordine. Così in questi giorni i viaggiatori comprano il biglietto e oltrepassano la barriera dei controlli dei titoli di viaggio, magari illudendosi di avercela fatta. Gli agenti della Polfer però sono sempre lì: semplicemente li aspettano in un altro punto dello scalo, direttamente al binario, proprio sulla banchina. Accanto a loro i militari che misurano la temperatura. «Io non avevo l'autocertificazione, ma un provvedimento del giudice del tribunale dei minori per andare a trovare mia figlia a Roma - racconta un giornalista - Non ho avuto problemi. Altri sono stati invece invitati a non salire sul treno. Del resto, oltre a non avere l'autocertificazione, c'è stato anche chi si è rifiutato di compilarla o chi non aveva una ragione per così dire importante per prendere quel treno».
Molti i viaggiatori che hanno quindi dovuto fare un rigoroso dietrofront e scordarsi il viaggio.
Nei parcheggi intorno alla Centrale i tassisti sono stati così bersagliati di richieste da parte di clienti che - in barba alle raccomandazioni del governo, del sindaco Beppe Sala e della prefettura - volevano a ogni costo raggiungere la meta che si erano prefissi. I conducenti delle auto pubbliche, però, sono stati decisi nel rifiutare somme di denaro anche invitanti: con il Covid, lo abbiamo capito tutti, non si scherza.
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