Alla Fondazione Prada la tivù punk di Vezzoli

L'artistar bresciana: «Ora voglio dimostrare che la Rai degli anni '70 era all'avanguardia»

Francesca Amé

«Sarà divertente», ci dice Francesco Vezzoli, riferendosi alla sua prossima grande mostra alla Fondazione Prada. E noi gli crediamo sulla fiducia. Del resto lui - classe 1971, natali a Brescia - è un'artistar globale, famoso da noi e ancora di più ad Hollywood per i suoi ritratti di diva, i «ricami artistici», le felici contaminazioni tra cinema tv, arte e moda.

Di nero vestito ma col sorriso aperto, ieri ha presentato nella sede espositiva di Largo Isarco, nuova Mecca del contemporaneo a Milano, un progetto di cui è orgoglioso demiurgo e che attirerà l'attenzione degli artsy-turisti in arrivo da tutto il mondo in Italia per la Biennale di Venezia. «TV 70: Francesco Vezzoli guarda la Rai», nata in collaborazione con la Rai, sarà tra le mostre da non perdere della prossima primavera milanese. Proviamo a raccontarvi come Vezzoli la sta immaginando, proprio lui che ammette, candido (come da personaggio), «per me sta già finendo perché la parte interessante di un'opera è quella progettuale». L'artista, «nutrito dai genitori con il cinema dei fratelli Taviani e dalle zie con Canzonissima, recupera i ricordi televisivi d'infanzia e il materiale d'archivio delle migliori produzioni Rai degli anni Settanta, un decennio dove sullo schermo passavano Pasolini, De Chirico, Zavoli, Biagi, Zeffirelli, Rosi e poi anche le canzoni di Mina, l'ombelico della Carrà. Operazione nostalgia? «No, vorrei dimostrare quanto la nostra televisione pubblica fosse all'avanguardia. Oggi fa notizia che Vogue Usa metta una modella transgerder in copertina e noi quaran'anni fa avevamo Amanda Lear in tv. Per non parlare dello spessore delle inchieste di Sergio Zavoli: La notte della Repubblica e La nascita della dittatura sono i programmi che mi hanno affascinato di più in questa ricerca», racconta. Il suo progetto artistico è mostrare il «cortocircuito tra dolore e piacere», a metà tra cronaca, cultura e divertimento, che fu tipico della televisione anni Settanta: erano gli anni in cui la Rai plasmava l'immaginario delle persone e ne era l'argomento principale di conversazione.

«Credo fosse una Rai molto punk, quasi anarchica, quella di allora: i politici erano impegnati ad andarsene in giro nelle sezioni e non occupavano, come fanno oggi, i talk-show», commenta Vezzoli. Potevi vedere dibattiti tra Monicelli, Pasolini, Gadda o persino Giorgio De Chirico alla Domenica Sportiva e poi c'era l'intrattenimento di dive degne di questo nome, come Mina. Durante l'allestimento della mostra (aperta fino al 24 settembre) Vezzoli proporrà nel cinema della Fondazione una sorta di «super blob anni Settanta» da lui montato su spezzoni d'archivio che promette molte risate e qualche pensiero (il confronto con i palinsesti attuali pare inevitabile), mentre gli spazi espositivi nella Galleria Nord, del Podium e della Galleria Sud ospitano la mostra. Il percorso espositivo, progettato dal geniale duo francese M/M, composto da Mathias Augustyniak e Michael AMzalag, sarà in perfetto «stile Vezzoli»: un lettering fluo che richiama i vecchi fermo-immagini del televisore accompagna il visitatore in un percorso scandito in tre tappe, e con un alternanza di luci e buio, dove video-installazioni di immagini di archivio si alternano a opere selezionate da Vezzoli. Si comincia con una parte dedicata ad «Arte e televisione» con video di artisti quali Boetti, Burri, Guttuso intervistati nei loro atelier e con una riflessione sul ruolo degli artisti in tv, grazie alle spiazzanti opere di Fabio Mauri. Parlare di anni Settanta non può prescindere dal discorso politico e la mostra presenterà opere, come quelle di Nanni Balestrini e Carla Accardi, che si concentrano sugli anni di piombo e sulle rivendicazioni dei diritti femminili. La terza sezione è dedicata al divertimento: introdotta dall'installazione di Giosetta Fioroni «La spia ottica», indaga il rapporto tra la tv e il corpo delle donne.

Spezzoni dell'indimenticabile Milleluci sono accostati ai lavori fotografici di Lisetta Carmi o Elisabetta Catalano.

E c'è da scommette che Vezzoli riuscirà a coinvolgere, in questo suo viaggio visivo ed emozionale tra arte e tv, anche i millennials, che poco o nulla sanno degli anni Settanta.

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