Un ponte invisibile unisce Milano a Lugano. E su quel ponte è transitato lo spettacolo Gabbiano, diretto da Carmelo Rifici. Un Cechov che inaugura la serie, si spera lunga e proficua, delle collaborazioni tra il Piccolo di Milano (che ospita lo spettacolo al Teatro Studio, dal 12 al 24 gennaio) e il Lac della città ticinese, grande sala all'interno di un modernissimo complesso con museo affacciato sul Ceresio.Per Rifici, affermato regista che ha lavorato con Luca Ronconi ed è uscito non molti anni fa dalla prestigiosa scuola del teatro fondato da Grassi e Strehler (scuola diretta dallo stesso Rifici, da quando è scomparso Ronconi), è la prima regia svizzera. «Una lettura spietata di un autore spietato - spiega Rifici -. Questo testo di Cechov è la mia prima lettura di teatro: avevo quattordici anni quando lo divorai tutto. Con il tempo, ho scoperto che Cechov vuole raccontarci l'incapacità di tutti ad arrivare a un risultato. Siamo di fronte a una specie di genesi e anatomia del fallimento».Nulla di consolante, per lo spettatore che si accinge a seguire le tre ore dello spettacolo. «Con Cechov sembra di stare a casa e aprire la porta di una stanza che non avevi visto bene. Ma non c'è nulla di romantico in quella stanza. La storia, aperta e senza barriere, non lascia in pace il pubblico. E lo stesso gabbiano, di carta, e la recitazione degli attori, ai quali ho chiesto un uso squinternato del corpo, per finire con le scarne scene di Margherita Palli servono a togliere le identificazioni simboliche. In scena, sulle sponde di un lago a non molti chilometri da Mosca, ci sono persone della società colta che hanno paura della morte, e si avverte».Rifici, che non risparmia lodi alla bravissima squadra di attori («a partire da Fausto Russo Alesi»), sostiene che Gabbiano sono in realtà due testi. «Uno va dal primo al terzo atto, l'altro è il quarto, dove i personaggi si trasformano per fare parlare direttamente Cechov. Nina, Kostantin, Trigorin... Le loro argomentazioni intellettuali, specchio della società del tempo ma con molte anticipazioni su temi di oggi, si accompagnano ad azioni mancate, autoinganni, mancanza di verità. Il lago è un grande specchio, un occhio per vedere la propria realtà riflessa e alterata».Cechov scrisse il dramma nel 1895, e fu un colossale fiasco, a Pietroburgo. Poi diventò una delle sue opere più rappresentate, sia pure, dice Rifici, «non perfetta come Il Giardino dei ciliegi o Zio Vanja. A Lugano, dove lo spettacolo ha esordito, è stato un successo: cinque sere di tutto esaurito. A Milano, a casa di Rifici, ci si aspetta ancora di più.
Il collegamento fra il lago, il teatro e, se si vuole, anche la vicinanza fra Lugano e Milano spiegano uno dei motivi della scelta di questo importantissimo lavoro del commediografo russo per suggellare la cooperazione fra il Piccolo e il palcoscenico ticinese dove lo spettacolo è già stato presentato con grande soddisfazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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