Alberto Giannoni
Probabile binario morto. Col nuovo governo sembrano destinate a un cassetto le proposte di legge presentate dalla Lega per limitare l'apertura di nuovi centri islamici in Italia.
Il tentativo ambizioso di un giro di vite aveva molto di lombardo: era stato concepito tenendo presente la legge varata al Pirellone nel 2015 e divenuta un modello. Tre i disegni di legge depositati: due al Senato dal capogruppo Massimiliano Romeo, brianzolo ed ex capogruppo regionale, e uno alla Camera presentato da Guido Guidesi, lodigiano e ormai ex sottosegretario. Guidesi si occupava del fiume di denaro in arrivo dai Paesi islamici, e citando proprio i provvedimenti di Lombardia e Veneto puntava a introdurre paletti ai finanziamenti con due norme molto semplici: pubblicazione dei bilanci alla Camera di commercio e stop a fondi da persone o enti non residenti in Italia. Il primo progetto di Romeo invece prevedeva per gli imam l'uso della lingua italiana e anche una sorta di dichiarazione ufficiale obbligatoria con cui rigettare ogni attività illecita o incostituzionale, ripudiando per esempio ogni discriminazione fra uomo e donna. L'altro progetto prendeva la questione dal lato urbanistico, partendo proprio dalla «via lombarda» di cui Romeo era stato fra i massimi artefici insieme all'allora assessore Viviana Beccalossi. Complessivamente era, questo leghista, un pacchetto che, inasprendolo, si muoveva nel solco del contratto di governo firmato dal segretario Matteo Salvini col «capo» 5 Stelle Luigi Di Maio. Quel contratto prevedeva anche un intervento normativo ad hoc. E ora che è stato stracciato? È impossibile che questo pacchetto leghista venga calendarizzato. A dire il vero il Pd, con Marco Minniti ministro, aveva a suo tempo sottoscritto con Ucoii e altre sigle islamiche un protocollo per regolamentare le moschee. Ma il fatto che la nuova maggioranza voglia riprenderlo è tutto da dimostrare. Anche perché i 5 Stelle sono sensibili alle aspettative dei centri islamici. Il contratto, fra l'altro, prevedeva anche controlli e chiusura immediata delle moschee. E Milano si è arrivati a una sentenza in Cassazione per stabilire che fossero illecito edilizio anche penale i lavori per trasformare - senza titolo urbanistico - un magazzino in moschea. È accaduto in via Cavalcanti, come scrive Il Corriere. E le reazioni sono molte. Il presidente di Zona 2, Samuele Piscina (Lega), chiede al Comune di «mettere i sigilli». «Estremamente soddisfatto si dichiara Riccardo Truppo (Fdi), presidente di commissione, che ha presentato 18 osservazioni contro la nuova moschea in via Esterle: «Grazie alla sentenza - dice - anche le nostre ragioni saranno più facili da sostenere».
Vede riconosciuta la bontà della sua posizione l'assessore regionale al Territorio Pietro Foroni (Lega), che aveva già spiegato come la presenza di un luogo di culto in un immobile che non ha la destinazione d'uso coerente costituisse «non solo un'illiceità dal punto di vista amministrativo, ma anche un abuso edilizio e quindi una fattispecie penale». «Da questo - aggiunge - deriva il fatto che è uno specifico dovere da parte dei Comuni andare a verificare la sussistenza di questo tipo di illiceità». Interviene anche l'assessore alla Sicurezza, Riccardo De Corato, che già un mese fa aveva annunciato l'intenzione di presentare una denuncia alla Procura basate sul fatto che il Comune non ha chiuso i luoghi di culto abusivi. De Corato condivide la lettura di Foroni. «È un dovere dei Comuni - conclude - andare a verificare la sussistenza di luoghi di culto senza titolo. Ignorarli potrebbe configurare un rifiuto d'atti d'ufficio».
Analoga richiesta arriva dall'assessore leghista al Sociale Stefano Bolognini. E anche per Forza Italia, col capogruppo Gianluca Comazzi, la sentenza è «un precedente» in virtù del quale «non ci si potrà più nascondere dietro al diritto di culto sancito dalla Costituzione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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