Ha inventato le capigliature di Platinette e delle sosia di Mina ma viene chiamata anche per ripristinare le statue nei musei

Ha inventato le capigliature di Platinette e delle sosia di Mina ma viene chiamata anche per ripristinare le statue nei musei

Da Sansone a Berenice a Lady Godiva a Elisabetta d'Austria, dai tempi antichi ad oggi la chioma è un simbolo immutato, segno di virilità, forza, bellezza, salute. Chi l'ha posseduta, l'ha curata con ossessione «al punto che la pettinatrice di Sissi aveva un grembiule doppio. Nella parte sotto metteva i capelli che cadevano dal capo dell'Imperatrice senza che lei se ne accorgesse, altrimenti Elisabetta s'arrabbiava vedendo i suoi capelli sul pettine».
A raccontarlo è Patrizia Lia, 51 anni, parruccaia a Legnano, autrice delle capigliature di Platinette, delle trecento pettinature che oggi indossano le sosie di Mina, dei supporti delle parrucche indossate da Kirsten Dunst nel film «Maria Antonietta». Ereditata l'arte dal padre, Patrizia Lia è una dei 43 parruccai rimasti oggi nel Paese, non riconosciuti in alcun elenco di mestieri. «Problema che bisognerà risolvere anche in Regione Lombardia. Quando la Ferrari vinse, mi commissionarono per i festeggiamenti trecento «capi» rossi. Chiesi ai parrucchieri degli stagisti, che non vennero perché le ore fatte nel mio laboratorio non facevano curriculum e pensare che attualmente soddisfo solo dal 5 al 7% della mia clientela».
Dentro la «clientela» le situazioni più bizzarre ma anche quelle più tragiche, perché i capelli sono la parte più libera della testa e in essi il cervello sembra raccogliere un mistero di noi. Patrizia Lia ha realizzato una parrucca di venti metri quadrati per una mongolfiera, la mostra «Barbe d'Italia» per i 150 anni della Repubblica con i pezzi alla Cavour o alla Garibaldi, ristruttura le capigliature delle statue religiose, Santi e Cristi da Legano alla Sicilia, per dedicarsi poi a tutto l'aspetto medico che concerne questo settore visto il dilagare delle cure chemioterapiche. «Mi accorgo di quanto siano importanti i capelli per le persone, quando gli ammalati di cancro vengono da me e sono più terrorizzati di perdere i capelli che della malattia in sé. Sulla bellezza della chioma si proietta un complesso nucleo psicologico dell'individuo, un nodo di emozioni e istinti da definire».
Storicamente la rasatura è una delle più potenti umiliazioni, umiliazione a cui oggi si sottopongono molte donne dei paesi poveri che per fame vendono le capigliature. «Oggi c'è molta richiesta di capelli veri, ma io sostengo che invece la nuova fibra, il kanakelon, è eccezionale perché simula il crine vivo in modo perfetto ed è più resistente». Una parrucca richiede ore e ore di lavoro basti pensare che i fili vengono montati a tre alla volta con un uncinetto. Per testimoniare questo patrimonio di conoscenza artigianale che si va perdendo Patrizia Lia sta scrivendo un libro e in primavera partirà con il primo corso dedicato ai parrucchieri, affinché prendano dimistichezza con l'arte della parrucca. Donne a parte, oggi ci sono uomini che le chiedono barbe finte? «Certo.

Io le faccio per le agenzie investigative, per gli agenti infiltrati che devono cammuffarsi, ma anche per ragazzi normali che non sono molto pelosi. In genere sono i timidi che vogliono la barba perché per loro è una sorta di protezione».

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