L'«Anatra» al sapore british gioca su un'ironia per élite

Luca Barbareschi e Chiara Noschese al Manzoni con un testo diventato un cult della commedia

Ferruccio Gattuso

Buona da gustare a tavola, addirittura ottima sul palcoscenico. L'anatra all'arancia, tratta da «The Secretary Bird» di William Douglas Home, è diventata un testo di culto della commedia sofisticata. Nella versione del francese Marc Gilbert Sauvajon torna in teatro in Italia - al Manzoni da stasera al 29 (ore 20.45, domenica ore 15.30, ingresso 35-23 euro, info 02.76.36.901) - grazie a un adattamento di Luca Barbareschi che ne firma anche la regia e ne è protagonista con Chiara Noschese. I due vestono i panni di Gilberto e Lisa, marito e moglie: il primo, egoista ed egocentrico, la seconda, bipolare e sognatrice, giunta a un punto di rottura nella sopportazione del coniuge. Dopo anni di tradimenti ed esibizioni da intrattenitore da salotto, Gilberto si vede insidiato da Volodia (Gerardo Maffei), suo opposto, un russo sensibile e misurato che attira le attenzioni di Lisa. A Gilberto non resta che ordire un piano per rimpossessarsi del cuore della moglie: organizza un fine settimana a quattro, invitando la sua esuberante e sexy segretaria Chanel (Margherita Laterza) a sparigliare le carte sotto l'occhio all'apparenza indifferente del cameriere Gennaro (Ernesto Mahieux).

Una disfida dialettica molto divertente che punta tutto su un umorismo sofisticato e un'eleganza british. Del tutto diversa dalla versione cinematografica anni '70 diretta da Luciano Salce, con Ugo Tognazzi e Monica Vitti: «Con tutto il rispetto per una straordinaria Vitti, in quell'occasione di una bellezza da perdere la testa, - spiega Luca Barbareschi di quel film non mi piacque nulla: Tognazzi appariva stanco e poco stimolato, la regia di Salce anonima. L'umorismo era più crasso, meno elegante, di poca qualità».

La piéce del Manzoni vive sul rapporto tra Barbareschi e la Noschese: «È un'attrice straordinaria, un gigante, tra le migliori del teatro italiano oggi spiega Barbareschi . Che pochi lo riconoscano, questo non mi interessa: è la verità. Un testo di questo tipo avrei potuto farlo solo con lei. La forza sta nell'affiatamento tra me e lei, e nel testo, un vero e proprio capolavoro che ho ritoccato minimamente senza snaturarne l'asciutta perfezione: non c'è farsa, solo ironia e comicità, un profondo studio dei personaggi e un tocco di dramma. In un testo come questo serve rispetto anche per le pause e le punteggiature. I silenzi e il non detto sono fondamentali». Con il suo egocentrismo, il Gilberto dell'Anatra assomiglia al Barbareschi reale: «Mi viene da sorridere quando mi dicono che sono egocentrico: sono un attore - spiega Barbareschi -. Che poi certi difetti vengano perdonati alle star straniere ma non tra noi, è solo un segno dell'estremo provincialismo italiano». Una certa comicità, in Italia, fatica a essere dominio dei grandi numeri.

«È vero - risponde Barbareschi - Woody Allen è un genio, i suoi film non sono mai un flop, ma il suo destino è raccogliere fette fedeli, ma mai numerose, di pubblico da ogni paese. E restando all'Italia penso a Siani sempre in difesa al botteghino ».

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