Il museo della discordia: la casa-gioiello Boschi di Stefano di via Jan sta facendo arrabbiare i cittadini della zona Tre e ha creato qualche malumore anche nella maggioranza, visto che Lia Quartapelle, deputata Pd eletta nel collegio uninominale di Milano Est dove ha sede la casa museo, ha detto: «Hanno perfettamente ragione i milanesi, del quartiere e non, che si stanno mobilitando per scongiurare la vendita del terzo piano», auspicando una soluzione a tutela del gioiello artistico e architettonico in Porta Venezia. Filippo Del Corno, assessore alla Cultura del comune, ieri ha rotto il silenzio sulla vicenda, visibilmente infastidito dal rumore sollevato che, a suo dire, «si sarebbe potuto evitare, per risolvere diversamente la questione: non è impossibile trovare un mecenate disposto ad acquistare il bene e a cederlo alla casa-museo per eventi e manifestazioni». Il piano della discordia è parte dell'acquisto da parte del Comune nel 1974, in cambio dell'ingente donazione di opere del Novecento Italiano, appartenenti all'ingegner Antonio Boschi e alla moglie Marieda Di Stefano. Furono all'epoca comprati dal Comune l'appartamento del secondo piano che oggi è la sede di Casa Boschi-Di Stefano, giudicato il migliore per esporre parte della collezione e quello del terzo piano ora all'asta, insieme ad un'altra pertinenza al piano terra. Il proposito era infatti quello di tenere la collezione nella sua sede originaria (ma non donata dai coniugi). Il tutto avvenne dopo un contenzioso legale tra l'amministrazione e gli eredi dei due collezionisti e senza che nel lascito testamentario vi fossero vincoli sull'appartamento del terzo piano. Dal 2014, l'appartamento è stato inserito nel piano di alienazione dei beni del Comune che, per legge, ha l'obbligo di valorizzare a livello patrimoniale i beni in suo possesso.
Del Corno conferma che non è al momento possibile togliere l'appartamento dal piano di vendita, che molte delle opere in deposito potrebbero trovare collocazione appropriata anche al Museo del 900 e che comunque ci sono ampi margini di dialogo per risolvere la questione: già pronto un mecenate che farebbe contenti, in un colpo solo, le casse del comune e il legittimo desiderio dei cittadini di veder meglio sfruttato lo spazio?
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