Il leader storico della moschea di via Padova, Mahmoud Asfa, si è schierato. Ieri hanno potuto leggere il suo appello (in arabo) gli amici e i fedeli del centro islamico che l'architetto giordano guida con una certa saggezza ormai da decenni. Con una bella foto del sindaco uscente condivisa nella pagina della Casa delle cultura islamica, Asfa ha indicato due candidati che correranno con Beppe Sala col sostegno dalla sua associazione, che da tempo ha l'ambizione di realizzare una moschea vera e propria.
Il dottor Asfa è un uomo rispettato in città: ha vinto l'Ambrogino d'oro, coltiva da tempo rapporti con la Curia e nel 2017 ha avuto il privilegio di accogliere in Duomo Papa Bergoglio nel momento più solenne della sua visita a Milano. In passato ha ospitato in via Padova perfino un giovanissimo Matteo Salvini. Per quanto a dicembre 2017 abbia partecipato ad alcune discusse iniziative «anti-Israele» (ufficialmente «pro Palestina»), Asfa ha i titoli «morali» per sognare la moschea, e presto potrebbe averli anche dal punto di vista urbanistico.
Il problema della sinistra non è Asfa, né i candidati che potrebbe essere inseriti nella lista del sindaco o in una delle molte che lo sostengono affastellando abilmente un rappresentante di ogni possibile settore etnico, religioso o culturale della città.
Il problema è la mancanza di chiarezza e coraggio su alcune scelte o passaggi fondamentali, come fu appunto quel corteo anti-Israele nel centro di Milano in cui furono scanditi slogan antisemiti. Matteo Forte, capogruppo di Milano popolare, conosce il tema e da anni invoca coraggio nella scelta degli «interlocutori» islamici. Insieme a Maryan Ismail, musulmana italo-somala, liberale e socialista, ha documentato i rapporti controversi e «non occasionali» di certa sinistra con l'islam politico. Cinque anni fa la scelta simbolica era fra Maryan Ismail e Sumaya Abdel Qader e il Pd scelse la seconda, esponente di un islam egemone e certamente non liberale.
Cinque anni dopo, Sala i nodi non li ha sciolti, anzi. Esempi? Una delle quattro moschee sanate nel suo piano è targata Milli Gorus, l'organizzazione turca che in Germania è citata in una «black list» governativa, un «gruppo dall'ideologia problematica» come spiega Lorenzo Vidino, massimo esperto di islamismo.
Altro esempio: pochi giorni fa in Comune è stato presentato un progetto contro la cosiddetta «islamofobia» che è sostenuto dall'Ue e vede fra i partner anche Femyso, «ramo giovanile della Fioe», organizzazione identificata come struttura europea della Fratellanza musulmana. Questi sono solo alcuni segnali. Segnali preoccupanti e persistenti.
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