L'ultimo consiglio prolunga i contratti Podestà: «Garantiti i servizi ai cittadini»

Nata nel 1786 dalla divisione della Lombardia austriaca e andata al voto su base censuaria già nel 1860 con l'elezione a governatore del piemontese Massimo d'Azeglio, da domani la Provincia di Milano non ci sarà più. Chiusa. Cancellata dalla foga del governo Renzi che però (come spesso in Italia) non ha per nulla le idee chiare sulla conclusione di questa lunghissima eutanasia. Nessuna certezza su chi dovrà accollarsi le sue funzioni e magari anche lo stipendio dei dipendenti. Un «caos istituzionale, per usare un eufemismo», ha detto ieri il governatore Roberto Maroni confermando che il 50 per cento dei dipendenti delle Province sarà messo in mobilità. Il 30 per cento nelle città metropolitane come Milano, dove però sono 500 i posti a rischio. Ancor più critica la situazione dei 65 lavoratori a termine per cui il licenziamento rischiava di scattare già con il 31 dicembre. Ieri, invece, nell'ultima seduta della sua storia il consiglio provinciale ha prorogato i contratti a tempo determinato recependo il Decreto Milleproroghe approvato dal governo, ma ancora in attesa di pubblicazione e che aveva convinto i precari a lasciare Palazzo Isimbardi dopo tre giorni di occupazione con tende e brande. «Con questa delibera - ha spiegato il presidente Guido Podestà - la nostra amministrazione che si era impegnata per garantire la prosecuzione dei contratti per i nostri dipendenti, ha posto le condizioni affinché possano proseguire la loro attività, evitando interruzioni dei servizi ai cittadini. Dal primo gennaio la Città metropolitana potrà proseguire così il percorso avviato».

In Regione, intanto, è tempo di bilanci. E promesse. «Nel 2015 - ha detto ieri Maroni dopo l'ultima giunta - la priorità sarà tamponare i tagli del governo senza ridurre i servizi e senza aumentare le tasse. Anzi, con una loro progressiva riduzione». A pesare sono i 600 milioni di euro sforbiciati alla Lombardia dall'ultima legge di Stabilità del governo, con gravi rischi per la sanità. Un settore che rimarrà ai primi posti nell'agenda, visto che dopo il burrascoso passaggio per il voto degli assessori, la riforma ora affronterà la discussione nelle commissioni e in consiglio. «Una riforma del sistema socio-sanitario che abbiamo già approvato in giunta - ha sottolineato Maroni - e che guarda ai prossimi venti, trent'anni». Di ieri anche l'approvazione del progetto di legge di Riforma delle autonomie locali che andrà ora in aula per il voto. «Abbiamo deciso - ha spiegato Maroni - di confermare la maggior parte delle competenze attribuite alle Province, con due sole eccezioni: agricoltura, foreste, caccia e pesca saranno ritrasferite alla Regione, tranne che per la città metropolitana di Milano e la Provincia di Sondrio».

Sondrio a cui sarà anche «riconosciuta la specificità montana», dandole una maggiore autonomia con l'intenzione di renderla una sorta di Provincia a statuto speciale. Un «laboratorio», ha confessato Maroni, per cercare di far diventare regione autonoma tutta la Lombardia. Con o senza referendum. Il grande sogno di Maroni.

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