Milano è una giungla nervosa e costosa? Investa sulla cortesia

Milano è una giungla nervosa e costosa? Investa sulla cortesia

di Carlo Maria Lomartire

Ragazza mia, sei stata sfortunata; se capitano tutte a te non prendertela con la poca attitudine di Milano all’accoglienza. Questa è stata la mia prima reazione alla lettera, pubblicata ieri, che ci ha spedito una giornalista del «Tirreno»: accorato racconto del maltrattamento che la città le ha riservato. Poi però, lasciata evaporare la reazione automatica di campanilismo ferito, ho provato a mettermi nei panni di una collega di Carrara che capita dalle nostre parti senza l’esperienza necessaria per evitare tutto quello che può rendere spiacevole una visita a Milano. D’altra parte la sfortuna della collega consiste nel fatto che in mezza giornata ha collezionato tanti incontri sgradevoli - portieri d’albergo cafoni, camerieri poco professionali, tassisti maleducati e milanesi iracondi e aggressivi o cinicamente indifferenti - quanti a noi che qui viviamo ne capiterebbero al massimo in una settimana. È un problema, per dirla in termini chimici, di concentrazione della sostanza, non di quantità della sostanza. Noi, che la città la conosciamo, avremmo il vantaggio di evitare istintivamente posti dove trattano male i clienti, non ci accorgeremmo nemmeno di due passanti che litigano in via Montenapoleone, non ci azzarderemmo a salire su un taxi avendo in tasca solo biglietti di grosso taglio. Insomma, a noi certe situazioni sgradevoli non è che non capitino, ma capitano con minore frequenza, semplicemente perché le difese immunitarie sviluppate in anni ci portano inconsapevolmente evitarle. Noi lo sappiamo che il milanese è incazzosissimo e scatta alla prima reazione sbagliata. Noi sappiamo tenere il tassista al suo posto già col tono di voce che usiamo per dargli la destinazione (il che non ci esime dall’avere in tasca biglietti da dieci e cinque euro). E sappiamo anche che per avere la relativa certezza di essere accolti dignitosamente in un albergo bisogna sceglierne almeno uno a quattro stelle. E trascuro - a proposito di ristoranti, alberghi e taxi - la nota più dolente, quella dei prezzi. Tutte queste cose, e tante altre, della nostra città noi le sappiamo e quindi è difficile che in poche ore ci capiti quanto è capitato alla collega. Ma ha ragione lei, Milano non si sforza affatto di essere accogliente: portieri d'albergo, ristoratori, tassisti, passanti indaffarati e, aggiungerei, vigili urbani, diamo tutti per scontata e certa quella che è abbondante fonte di lavoro e di ricchezza per la città: l’afflusso di milioni di ospiti. Non tutti i milanesi sanno che, considerando anche il turismo d’affari, certamente più ricco di quello giovanile o mordi-e-fuggi, Milano è la seconda città turistica d'Italia dopo Roma ma prima di Venezia e Firenze. Non si tratta di grazia ricevuta una volta per tutte ma del risultato di secoli di lavoro per creare le condizioni che spingono qui tanta gente, anche a costo di essere trattata male. Ma fino a quando i visitatori accetteranno questo trattamento? Fiere, saloni, convegni ed eventi vari non sempre sono abbastanza attrattivi per accettare maleducazione e prezzi alti. Fra poche settimane, dal 30 maggio al 3 giugno con il Papa arriverà a Milano almeno un milione di persone, per l’Incontro delle Famiglie. Per l’Expo previsioni forse troppo ottimistiche parlano di venti milioni di visitatori in sei mesi. Tutta gente che, tornata a casa, racconterà come è stata trattata.

Quando si dice che bisogna rendere la città più attrattiva di solito si pensa all’inquinamento, al traffico, alla pulizia delle strade e alla cultura, ma non all’accoglienza delle persone, ai rapporti umani e diretti con i visitatori. Anzi, un consiglio per il Comune in vista di eventi tanti importanti: perché non pensare a una campagna di «educazione all’accoglienza»?

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