Milano vicina all'Europa cantava Lucio Dalla. Ed è vero. Negli ultimi anni è diventata una città internazionale e, al di là degli stereotipi, con investimenti, nuovi quartieri, mobile, moda, Fiere ed Expo il cambio di passo c'è stato. Come New York, come Parigi, come Londra? Più o meno. Sì, perché poi una sera ti siedi in poltrona per guardarti la finale dei 100 metri di atletica ai mondiali di Londra, l'ultimo show di Usain Bolt e ti accorgi che qualcosa non quadra. L'Olimpico di Londra è pieno zeppo come per una finale di Champions, per un Milan-Inter di quelli che contano. Fa il pieno con l'atletica e fa anche un po' invidia perché la stessa cosa era successa il giorno prima per il magico 10mila di Mo Farah e la sua decima medaglia d'oro. Ma forse Bolt e Farah non c'entrano. Forse l'Olimpico di Londra si riempirebbe anche con un mondiale di cricket, con altri attori, con un europeo, con una serata del Grand Prix. Così come si riempiono regolarmente gli spalti di Wimbledon o il Velodromo per una kermesse in pista, per il record dell'ora di sir Bradley Wiggins. Sono strani questi inglesi che non si infiammano solo per la Premier, che restano attaccati più che possono ai loro riti quotidiani, alle loro regine, ai loro principi con gli impermeabili beige che vanno in pensione a 94 anni? Forse. O forse no. O forse siamo strani noi che facciamo fatica a pensare che lo sport sia uno spettacolo che non va oltre palloni, moviole, polemiche e campanili? Troppo facile. Di solito in questi casi si dice che è una questione di cultura. Cultura sportiva che non c'è. Ed è un po' come dire, quando succede qualcosa che non sappiamo spiegare, che è colpa della società. Come buttare la palla in fallo laterale quando non si sa a chi passarla. Poi però uno pensa che Londra è lì, ad un'ora e mezzo d'aereo. Pensa che Piazza Affari è il centro del business proprio come la City, pensa che Milano e Londra sono due grandi città vive, vivaci, frizzanti e controverse come tutte le metropoli. Pensa e ripensa tutto questo, pensa ai mondiali di atletica e si rende conto che a Milano, anche volendo, non ci sarebbe un posto dove ospitarli.
Ma a pensarci bene non ci sarebbe un posto neppure dove ospitare un mondiale di nuoto e neppure un mondiale di ciclismo o un record dell'ora. Già non c'è posto. Non c'è un posto. E forse la differenza è tutta qui. Milano vicina all'Europa? Non vicinissima...
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