Nel passato le persone nascevano nobili e oggigiorno la nobiltà deriva dalle proprie azioni, diceva Gianni Versace. Ma ha ancora senso parlare di nobiltà e identità in un'epoca in cui la globalizzazione ha fagocitato la storia e le idee, non soltanto nel campo della moda? La risposta è sì quando un brand continua a identificarsi in una famiglia, come nel caso di Mario Valentino, stilista napoletano a cui Triennale ha dedicato la presentazione di un volume a cura della professoressa Ornella Cirillo, docente di Architettura e di Storia della Moda all'Università Luigi Vanvitelli. Quella che viene raccontata è la storia di una famiglia, oggi rappresentata dal figlio Vincenzo, ma anche di una vicenda tutta italiana intrecciata tra creatività, tradizione e arte.
«Con questo libro si inserisce un tassello importante di un puzzle, la storia del fashion italiano del secondo Novecento, costruito quasi esclusivamente sull'esperienza del design milanese e romano ma che ha dimenticato quanto la grande tradizione sartoriale napoletana abbia influito sulla creatività anche internazionale» dice Vincenzo Valentino, testimone di un'avventura imprenditoriale che si intreccia con quella di grandi stilisti europei come Paco Rabanne, Karl Lagerfeld, Muriel Grateau, Marie France Acquaviva, Claude Montana e i nostri Armani e Versace. «Erano gli anni Sessanta - racconta Valentino - e i futuri big, allora designer emergenti, collaboravano con mio padre nella realizzazione di nuove collezioni per il nostro marchio». Anni in cui Mario Valentino, figlio di un artigiano calzaturiero del quartiere Sanità, si era già identificato sullo scenario internazionale come «the King of leather», il re della pelle, per la creatività e il livello di innovazione sapeva interpretare la lavorazione di un tessuto che proprio a Napoli vanta una lunga storia. La preziosità delle creazioni, in particolare per le calzature valse la copertina su Vogue Francia nel 1956 e consentì a Mario Valentino di essere contattato dalla Miller, l'unica azienda americana che all'epoca importava scarpe di lusso, distribuendole negli Stati Uniti.
Una vicenda ben descritta nel volume che pubblica documenti, bozzetti e progetti contenuti nel ricchissimo archivio della maison. Fondamentale fu il rapporto con gli artisti, non soltanto per l'ideazione di fortunate campagne pubblicitarie, come quelle che recano la firma di grandi fotografi del calibro di Newton e Avedon, ma anche per un mecenatismo che vale oggi a Mario Valentino il riconoscimento di «napoletano illuminato». Esperto d'arte e raffinato collezionista, lo stilista ebbe negli anni Settanta un rapporto privilegiato con gli autori delle importanti avanguardie internazionali, prime tra tutte la Pop Art e il suo padre spirituale Andy Warhol.
Alla sua politica promozionale dell'arte contemporanea, e all'amicizia con grandi galleristi come Lucio Amelio, si deve la realizzazione di alcune tra le più importanti mostre allestite in Campania negli ani Settanta come Terrae Motus alla Reggia di Caserta. Ma all'attenzione verso i nuovi artisti faceva eco anche quella verso il patrimonio del territorio, come la sponsorizzazione del restauro degli arazzi della Basilica di Santa Chiara a Napoli.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.