Libertà, orari flessibili, essere artefici del proprio destino, realizzarsi. Sono molte le ragioni che spingono i giovani a desiderare un lavoro da imprenditore e a preferirlo a un'attività da dipendente a tempo indeterminato. Potendo scegliere, il 40 per cento dei giovani lombardi intervistati (tra i 15 e i 29 anni) vorrebbe un lavoro autonomo. Solo il 24 per cento sceglierebbe un lavoro dipendente a tempo indeterminato, il classico «posto fisso».
I dati fanno parte del rapporto «L'impresa dei giovani in Italia e in Lombardia. Attori, valori e sfide tra tradizione e cambiamento», promosso dalla Camera di commercio di Monza e Brianza e realizzato dall'Istituto Toniolo, l'ente fondatore dell'Università Cattolica. Si scopre così che il livello di soddisfazione dei lavoratori autonomi (91%) è più alto che tra i coetanei dipendenti (87,2).
La motivazione principale di chi lavora in proprio è che si tratta di «un luogo di impegno personale» (93,5 per cento). Il 92,4% lo considera una modalità di autorealizzazione, oltre che uno strumento per procurare reddito (91), un modo per affrontare il futuro (89,5), uno strumento per costruirsi una vita familiare (86,5), una fonte di successo (79,5). E se c'è sempre uno scarto tra dipendenti e autonomi, la forbice si allarga sulla risposta «una fonte di prestigio sociale»: il proprio lavoro è considerato prestigioso dal 72,7 per cento degli autonomi contro un 54,5% dei dipendenti.
«Questi dati dimostrano che i giovani non scoprono la voglia di fare impresa perché c'è la crisi, come un ripiego» commenta Alessandro Rosina, professore di Demografia e statistica sociale alla Cattolica e coordinatore della ricerca. «I giovani non vogliono politiche assistenzialistiche né di essere trattati da categoria protetta, come sta facendo questo governo. Non si sentono svantaggiati, si considerano la risorsa principale del Paese». Solo il 5,6% degli intervistati considera gli interventi di sostegno al reddito l'azione principale da intraprendere per migliorare le condizioni delle nuove generazioni. Appena il 6,5% ritiene prioritari gli incentivi all'imprenditoria giovanile. La stragrande maggioranza chiede migliori politiche di occupazione (47,8).
I «Millennials», la generazione diventata maggiorenne nel 2000 e che ha tra i suoi miti Facebook e Mark Zuckerberg, hanno almeno tre frecce appuntite al proprio arco: sono connected, perché nativi digitali, confident, hanno molta fiducia in se stessi, e open to change, con forte voglia di innovazione. «Caratteristiche che ben si prestano a imprenditori.
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