Cronaca locale

Ora il Toti è saldo in sella al MuseoScienza

Ieri in via San Vittore si sono svolte le complesse operazioni di sollevamento per sistemare il sottomarino nella sua sede fissa

Giovanni Buzzatti

È stato ripescato dal Po è trasportato in strada per 93 chilometri, gli ultimi sette tra vie e piazze di Milano. E ieri il Toti ha toccato terra. I tecnici lo hanno ancorato a due blocchi di cemento armato che scendono sotto il suolo per quattro metri. Potenti sollevatori l’hanno alzato dal carrello con 240 ruote che l’aveva trasportato da Cremona al museo, appoggiandolo poi su due selle nere alte più di una persona (e che a loro volta poggiano sui blocchi).
Così si è concluso il viaggio del Toti. Il sommergibile che per trent’anni ha fatto la guardia alle navi sovietiche nel Mediterraneo è stato posizionato al Museo della scienza e della tecnologia nello spazio a fianco al padiglione ferroviario. Lì si potrà visitare dal 7 dicembre. Lì sarà creata una parete trasparente che, dopo il restauro del museo stesso, permetterà a tutti di vederlo, anche senza addentrarsi nelle sale. In molti hanno scritto al museo (info@museoscienza.it l’indirizzo di posta elettronica) per avere notizie sulle visite. «Ancora non esistono liste», spiega il direttore, Fiorenzo Galli, maglietta bianca del «Toti team» e caschetto rosso da cantiere con il simbolo del sommergibile. «Lo potranno visitare 200, al massimo 250 persone al giorno. Organizzeremo delle giornate dedicate ad alcune categorie di persone, penso alla scuole, a chi ha lavorato tanto per portate il Toti a Milano».
Gli uomini delle Fagioli, la ditta che ha trasportato il sommergibile, sono impegnati intanto nelle ultime manovre. «Il bagno di folla di sabato notte? Bello, anche se non era facile lavorare in quelle condizioni», racconta il signor Alex, tuta blu e gialla. Dietro alle grate che delimitano il cantiere, i visitatori scattano le foto. Nel fine settimana sono arrivati in 10mila per vedere, oltre alla sale, il sommergibile. «Il nostro obiettivo era proprio questo - riprende il direttore -. Il Toti può essere un modo per riscoprire le tante cose belle che ci sono nel museo». Gli occhi gonfi lasciano capire che la stanchezza accumulata negli ultimi tre mesi di lavoro serrato non se ne è andata. «Continueremo a dare informazioni sul Toti, a organizzare mostre», promette. Marco Iezzi al museo è responsabile del padiglione trasporti. Racconta che il Toti si visiterà entrando con una scaletta a poppa (la coda), che i visitatori cammineranno attraverso le sale macchine, manovre e siluri e poi usciranno a prua. «Si vedrà tutto, certo, dalla cucina alle brande dei soldati - continua -. Ci potevano stare a turno, quattro ore di lavoro e quattro di riposo. Per questo, in gergo, si dicevano “calde”».
Sono 17.25, lo squalo d’acciaio è calato sulle selle. Gli uomini della Fagioli possono tornare a Reggio Emilia. Alcuni sono in partenza per l’America, c’è da spostare un reattore nucleare che pesa il doppio del Toti con un carrello che di ruote ne ha 480. Non dovranno schivare palazzi e monumenti, però.

Non ci saranno 150mila persone ad accompagnarli.

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