Stefania Malacrida
Gabriele Albertini a braccetto con gli ecologisti su un tappeto di concime. Una scenetta destinata a rimanere negli annali di Palazzo Marino, come quella del sindaco in mutande. «Scommetto - gli aveva detto lanno scorso Camillo Piazza, presidente del sodalizio Amici della Terra - che non riuscirai a smaltire i fanghi ecologici prodotti dai depuratori. E se vinco dovrai camminarci dentro». E ora la resa dei conti, su un tappeto «profumato» di campagna, in piazza San Fedele.
Il sindaco rivendica: «Sono io il vincitore! Ecco la prova». Carta alla mano, presenta un progetto già firmato per la riconversione dei fanghi, ricchi di metano, nel combustibile di un cementificio. «Un altro progetto - spiega Albertini - è ancora in cantiere, ma verrà messo nero su bianco in ottobre». Ma gli ambientalisti non ci stanno: «È solo una parte delle 40mila tonnellate di polvere da smaltire». Una quantità enorme, prodotta dai depuratori di Peschiera, Nosedo e San Rocco dove confluisce tutta lacqua della rete fognaria di Milano, utilizzata ogni giorno da circa due milioni 550mila milanesi e pendolari. I fanghi dovrebbero essere riciclabili come concime, ma sono pieni dei rifiuti tossici della città. E poi cè il mare di fiumi inquinati su cui giace Milano, qua e là comunicanti con i labirinti sotterranei delle fogne. «Una struttura medievale - spiega Piazza - di cui non cè alcuna mappa in catasto». Come la Parigi di Victor Hugo, insomma, quasi una Corte dei miracoli. «Il miracolo lo ha fatto Albertini - riconosce lecologista - realizzando in due legislature tre depuratori, dopo 32 anni di inerzia. Ora che ha fatto trenta, faccia trentuno». Trenta e mezzo. Che si fa? Pena del contrappasso a metà: passeggiata «ecologica» per entrambi. Ma solo sulla parte in torba, perché «...no, i fanghi no!» si ribella lonore del primo cittadino, forte del progetto firmato.
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