Tamerlano di Handel è un'opera dove la crudeltà e la logica del sopruso regnano sovrane. Per questo Davide Livermore ha spostato l'intera vicenda dalla fine del 1300 al Russia della Rivoluzione del 1917. Così, Tamerlano diventa Stalin e l'imperatore ottomano Bajazet, finisce per essere lo zar. Dalla Turchia ci si sposta a San Pietroburgo, fra colbacchi, neve, palazzi d'inverno. Il tutto narrato secondo l'estetica cara a Sergej Ejzenstein, e a Livermore evidentemente. Questa l'idea registica dell'opera che da martedì al 4 ottobre va in scena alla Scala con la formazione barocca nata in seno all'orchestra del teatro, condotta da Diego Fasolis: il direttore pupillo di Cecilia Bartoli, che lo vuole sempre con sé quando fa le sue escursioni nel mondo della musica antica. Ragguardevole il cast dei cantanti. Si parte dal ruolo del titolo affidato al controtenore Bejun Mehta, mezzo parente del grande Zubin, con il quale condivide musicalità squisita. Asteria sarà Maria Grazia Schiavo e Irene l'ottima Marianne Crebassa. È Placido Domingo a incarnare il personaggio di punta, il vero protagonista: l'orgoglioso Bajazet, il sultano vinto dal tartaro Tamerlano e padre di Asteria. Un Domingo che sempre più sfugge a classificazioni: non più tenore, ma baritono, talent scout, direttore di teatri e d'orchestra: in tal senso il sigillo definitivo viene da Bayreuth che gli affida la conduzione di Valchiria dell'anno prossimo. E così, dopo l'omaggio all'amico Luciano Pavarotti, mercoledì all'arena di Verona, ecco Domingo l'infaticabile rientrare a Milano per le prove dell'opera.
Non del tutto lineare neppure la carriera di Livermore, che con Tamerlano debutta alla Scala per tornarvi in aprile per la produzione di Don Pasquale diretto da Riccardo Chailly. A tacere del cognome, è torinese. Caratteristica peculiare: fa tante cose. È scenografo, costumista, lighting designer, ballerino, sceneggiatore, attore nonché sovrintendente e direttore artistico del Palau de les Arts Reina Sofía di Valenci, sotto la cui cupola vive anche l'accademia di perfezionamento per giovani talenti voluta da Placido Domingo. Di Tamerlano firma la regia mentre le scene le ha create in condivisione con lo studio milanese Giò Forma, un catalizzatore di creativi, architetti, designer, artisti vari, che s'inventarono l'ALbero della vita di Expo, hanno curato Aida all'Opera di Sydney, concerti della Pausini e di Tiziano Ferro, le sfilate di Versace. I video - pressoché immancabili nelle realizzazioni di Livermore - sono stati realizzati da Videomakers d-Work. Quello che riproduce la decapitazione di Bajazet, nella versione di Livermore lo Zar Nicola II, viene proiettato subito, nel corso della sinfonia. Questo è l'antefatto, e questo serve a chiarire il clima di morte che permea l'intera vicenda: un intrigo di fatti di potere, amori, ragion di stato e di cuore.
Handel compose questo melodramma per la Londra del 1724, epoca in cui il finale doveva essere lieto. Così, si compensa alla stretta di cuore per la testa che salta, con la notizia che Asteria e Andronico sono salvi, anzi Tamerlano cede loro il trono di Bisanzio. PAF
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