«Il problema non è di una sola parte E Sala non si limiti a tagliare i nastri»

L'ex presidente della Comunità ebraica di Milano critico: «Avrei voluto prese di posizione chiare e ufficiali del sindaco»

Alberto Giannoni

Walker Meghnagi, past president della Comunità ebraica, che significa Memoria?

«Mi rifaccio al testamento di rav Laras, grande rabbino capo e grande uomo, che aprì con un altra grande figura come il cardinal Martini il dialogo fra cristiani ed ebrei. Laras spiega che la Shoah ha segnato per sempre la sua esistenza. Ma aggiunge che la Giornata della Memoria è anch'essa arrivata a una crisi di senso e di comunicazione».

Le pietre di inciampo sono un ricordo toccante e doveroso, non le pare?

«Sono belle, ma serviranno per le prossime generazioni. Sollecitano la memoria, devono essere fatte, perfetto, ma io dico: fermiamo gli antisemiti, quelli del passato e quelli del futuro! Io ho pagato sulla mia pelle, so cosa vuol dire antisemitismo dalla mia infanzia in Libia».

Che ricordo ne ha?

«Frequentavo la scuola italiana, che ci dava le aule di nascosto, per studiare ebraismo. Quando lo hanno scoperto, lì ci hanno ammazzato di botte. Ho tredici ferite, una volta usarono un vetro. Io non abbassavo la testa, ero già come mio padre, che era stato minacciato per questo, dagli islamisti. Aveva un'azienda e un giovedì sera, lui a un capotavola e mia madre all'altro, disse ai noi figli maggiori: Lunedì partiamo. Mia madre ci raggiunse in Italia dopo 45 giorni coi piccoli. Abbiamo dovuto lasciare tutto, le nostre radici, le scuole, le sinagoghe, i nostri cimiteri. L'odio che colpisce gli ebrei non arriva da una parte sola».

Cosa intende dire?

«Quando si dice razzismo uguale antisemitismo è un errore. Vedo Sala che marcia contro l'odio. L'antisemitismo esiste da sempre, milioni di ebrei sono stati uccisi, ma l'antisemitismo ha delle specificità e va combattuto per quello che è oggi. Non si può relegare a una sola espressione della destra, forse 70-80 anni fa era così, oggi non più».

Oggi cosa vede?

«Vedo il Bds, movimento antisemita mascherato da anti-sionismo. Vediamo legami documentati fra aree vicine a questo movimento e il terrorismo. Tutto ciò dietro una facciata di difesa dei diritti umani. Ci sono persone che alimentano l'odio per Israele e considerano gli ebrei italiani responsabili di ogni cosa faccia. Io da italiano esigo rispetto».

La rassicura la mozione del centrodestra in Regione?

«Mi rassicura tutto ciò che va in questa direzione, anche il convegno di Salvini. Sono disponibile a parlare con tutti. Sono antirazzista, potevo nascere nero e arrivare su un barcone dalla Libia. Dialogo con tutti, ma non si faccia un calderone parlando genericamente di odio. Ci sono valori che non si possono sacrificare».

La preoccupa l'islamismo?

«Io non ho paura dei musulmani, temo gli antisemiti e il terrorismo di matrice islamica. Certo se non si blocca e si cavalca la tigre corre. In Italia, al di là di quelle manifestazioni che nessuno ha condannato, non ce ne sono molte come in altri Paesi europei, vedi la Francia. In piazza San Babila, il 25 aprile, al 90% sono centri sociali ad aggredire la Brigata ebraica. E si sente dire: Dovevate restare nei lager. Mi sfugge il motivo per cui le autorità consentano certe manifestazioni come quelle del 2017 o quella recente che in stazione Centrale definiva terroristi gli Stati Uniti, sull'Iran».

Nel 2017 la condanna del sindaco arrivò, lenta e rituale.

«È raro che alcune forze politiche di sinistra dicano: Anche tra di noi esiste l'antisemitismo. Sono cerimonie, sindaci, conferenze, tagli di nastri. Io vorrei una presa di posizione per un fenomeno che non è più strisciante».

Il Pd parlò di matrice neofascista di quegli slogan.

«C'è difficoltà a difficoltà a riconoscere la realtà, che è sfaccettata. Erano musulmani, non c'entrava niente il fascismo. Il fascismo è stato una brutta bestia, terribile, ma questo non vuol dire che tutto sia fascismo. E oggi chi non è di sinistra è definito fascista. O accusato, tacciato di essere salviniano, o di Fdi. Bisogna uscire fuori da questi luoghi comuni».

Lei al convegno di Salvini sarebbe andato, a differenza di Liliana Segre che ha detto no.

«Assolutamente sì, se qualcuno mi chiama per dialogare io devo essere disponibile. Ci sono intellettuali divisivi, portatori di una cultura di intolleranza, che vedono la violenza da una parte sola. Una dipendente del Comune ha insultato Israele, non mi interessa parlare della persona, ma nessuno ha preso posizione».

Lei avrebbe voluto un provvedimento del sindaco?

«No, e ha ragione che non può e non deve controllare tutti, ma

avrei voluto una presa di posizione ufficiale, non parlare con due tre persone della Comunità. Doveva dire che era contro quella violenza verbale. Invece niente. Se fosse stato qualcuno di destra sarebbe scoppiata l'Italia».

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