La Procura chiede di processare il medicoNon vide tumore, omicidio colposoL'inchiesta Malasanità

Bastava che quella lastra venisse guardata con attenzione: e quella macchia inequivocabile nella parte bassa del polmone sarebbe stata notata. Il signor Rosario sarebbe stato curato. Oggi sarebbe ancora vivo. Invece il medico radiologo del Cardiologico Monzino che esaminò il risultato dell'esame, quella macchia non la vide, o non le diede importanza. Quando Rosario si accorse di avere un cancro al polmone ormai era tardi. Morì il 12 marzo 2011, a settant'anni, invaso dalle metastasi.
Ora per la morte del paziente la Procura vuole portare a processo per omicidio colposo il medico che non vide il segno inequivocabile della massa tumorale. Alla denuncia presentata dalla famiglia del defunto, il pubblico ministero Ferdinando Esposito ha fatto seguire una indagine e una perizia medica. Obiettivo: accertare se effettivamente il tumore si poteva vedere già nella prima lastra, effettuata nel maggio del 2010, e soprattutto se davvero l'uomo si sarebbe potuto salvare se fosse stato curato per tempo. A entrambi i quesiti, i consulenti della Procura hanno risposto di sì. Pertanto il pm Esposito ha notificato l'avviso di fine indagini al medico e si prepara a chiedere il suo rinvio a giudizio.
Nel provvedimento del pm, al medico - una dottoressa sessantenne - viene contestato di avere cagionato «la morte di Baglieri Rosario per via della sua condotta gravemente imprudente, negligente ed imperita consistita nella mancata diagnosi di neoplasia polmonare destra dovuta ad una non corretta lettura del responso dell'esame radiografico dalla stessa compiuto»; «circostanza che le impediva di effettuare la giusta diagnosi sul paziente e le impediva di riscontrare la conseguente presenza della grave patologia in atto, nonchè le impediva di mettere concretamente in atto i necessari approfondimenti diagnostici quali la Tac polmonare al fine di dirimere ogni dubbio e di giungere ad una diagnosi precoce che avrebbe, con certezza, salvato la vita al paziente».

Comportamento reso ancor più grave, secondo il pm, dal fatto che «dall'esame radiografico addominale fosse chiara la presenza di un addensamento parenchimale che attestava la presenza già in quel momento della neoplasia».

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