Quando Leonardo voleva "salvare" la Veneranda Fabbrica

In mostra i segreti del progetto per il tiburio Un viaggio inedito nella Milano sforzesca

Quando Leonardo voleva "salvare" la Veneranda Fabbrica

Fu il formidabile rompicapo del Quattrocento. Ottagonale, circolare, prismatico. Nemmeno il genio di Leonardo ne venne a capo. Il tiburio del duomo è uno degli enigmi dell'arte, sospeso fra ambizione e statica, innovazione e matematica. Da oggi al 23 febbraio la Veneranda Fabbrica inaugura «Il duomo al tempo di Leonardo», un nuovo percorso in cinque sezioni, all'interno del museo del Duomo, per illustrare, con la collaborazione di Regione, Comune, Borsa Italiana ed Eberhard Italia, la genesi e l'iter di un progetto rimasto a lungo incompiuto. Leonardo arrivò dove altri Bramante in primis - avevano fallito: nel 1487 mise nero su bianco di volersi occupare di quel «malato domo» cui mancava una degna chiusura. Alcuni fogli del codice atlantico arrivano dalla Biblioteca Ambrosiana. Fece anche un modellino di legno, ma con stizza poi lo ritirò. Sapeva che non avrebbe retto? «Noi però lo pagammo racconta, fra il serio ed il faceto, Fedele Confalonieri, presidente della Veneranda Fabbrica Leonardo oggi sarebbe stato a partita iva e, pur non portando a termine l'opera ricevette il dovuto». Quaranta lire e 16 soldi: così si legge sulla pergamena vergata di ocra per quell' onus faciendi modellum. «Leonardo fu lombardo per le prospettive che la nostra terra seppe donargli e il tiburio è il progetto che meglio coniuga le due sue anime di artista e scienziato», spiega Stefano Bruno Galli, assessore alla Cultura della Regione. Il percorso, a 500 anni dalla morte di Da Vinci, lancia un nuovo dialogo fra chi ha saputo fare grande Milano: lo scorso anno furono il bozzetto e la modernità di Lucio Fontana per la quinta porta del Duomo ad arricchire il percorso museale. Quest'anno sono le tre dimensioni di un sogno e la poliedricità di un genio. «E noi siamo al centro di questa storia da 632 anni computa monsignor Gianantonio Borgonovo, arciprete della cattedrale : nella querelle con Leonardo, allora, forse vinse la Fabbrica, ma il nostro impegno si rinnova sempre perché sia il Duomo a vincere». La colonna sonora è affidata ad un altro big del Duomo, quel Franchino Gaffurio che con il suo cantiere armonico sapeva far vibrare di emozione le pietre della chiesa. Per la prima volta la mostra permette di ammirare uno dei quattro «libroni» della cappella musicale.

Restaurata la legatura, sono arrivati tecnici da Oxford: sotto l'egida del musicologo Daniele Filippi e del laboratorio di Informatica musicale della Statale, hanno scansito il codice per creare un percorso immersivo che permette di selezionare una delle voci del canto e di seguirla sullo spartito antico. È la tecnologia bellezza: anche a Leonardo sarebbe piaciuta.

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