Con remi e fucile laser sul lago Marinai d'Italia

«È il 2055, le ultime squadre di Pulitori se ne sono appena andate ora tocca a me sorvegliare la Circoscrizione Milano Sud Ovest»

Mi è stato ordinato di scrivere e volentieri obbedisco. Devo tenere un diario che sarà, tra un anno, consegnato agli Ispettori delle Comunicazioni. Valuteranno il mio operato in qualità di Comunicante - ovviamente mettendolo a confronto con le Testimonianze Sensoriali che mi riguardano passate istante per istante al vaglio della Commissione Perpetua di Controllo - e decideranno quale nuovo incarico assegnarmi. Se mi riterranno degno di un nuovo incarico.

Il mio compito, per l'anno che inizia fra poche ore, dopo che ieri le ultime squadre di Pulitori se ne sono andate lasciandomi completamente solo nella Circoscrizione Milano Sud Est, è semplice: devo sorvegliare, ed eventualmente bonificare, l'intera Rete Catacombale di mia competenza. Ho piena libertà di azione. Deciderò io quando, come e dove operare. L'essenziale è che fra un anno io consegni, se così posso esprimermi, al Comitato di Liberazione, un territorio sicuro, pronto cioè per il Contro-Esodo. Due sole le leggi che mi sono state imposte. 1) Essere Pulitore di me stesso; 2) Non intrattenere alcun rapporto con i miei omologhi delle Circostrizioni Milano Sud Ovest, Milano Nord Ovest e Milano Nord Est. Confesso (mi è concesso, nella stesura di questo diario, indulgere a osservazioni e riflessioni di carattere personale, sempre che ciò non infici il buon esito del mio lavoro) che sia la prima, sia la seconda legge non rappresentano per me un peso. Se infatti da un lato possiedo una naturale predisposizione alla pulizia che mi viene dall'educazione ricevuta dai miei genitori, ma anche dalla mia propensione all'ordine e all'igiene (secondo alcuni addirittura maniacale), dall'altro, nella mia vita come è stata finora (fino a poche ore fa) nel Regno dell'Inusitata Gazzarra ho sempre preferito la certezza della solitudine all'incertezza delle compagnie. Non che io abbia vissuto in completo isolamento. Questo no. Ma, in virtù dei miei compiti precedenti, dapprima Crescente, come tutti, poi Discente come quasi tutti, quindi Parolante nella ristretta Corporazione dei Non Relazionanti, e, di nuovo, per indole, ho intrattenuto pochi, ancorché buoni e in alcuni casi ottimi, Rapporti Facoltativi. Quanto a quelli Obbligatori, li ho subiti. Dunque bene ha fatto, lo affermo senza piaggeria, il Comitato di Liberazione a promuovermi Guardia Provvisoria.

Ma ora si è fatto tardi. E domani mi attende una dura giornata. Ripongo la penna, spengo la lavagna di connessione e vado a dormire.

14 AGOSTO 2055. Sono le ore 23,17. Finalmente posso considerare terminata la mia prima giornata da Guardia Provvisoria. È stata una giornata intensa, impegnativa, pericolosa. Si è svolta così.

Avendo scelto di mantenere come tana la mia precedente abitazione di via X al numero Y, di buon mattino, dopo una robusta colazione a base di carne di riccio essiccata e latte di capra liofilizzato ho deciso di ispezionare, recandomi sul posto con la mia barca a remi lungo il fiume Cesare Lombroso e il rio Calvairate, la Catacomba 14, quella situata sotto piazzale Ferdinando Martini, entrando da via Luisa Sanfelice e chiudendomi, lo confesso, con un pizzico di inquietudine, la porta di acciaio alle spalle. Qui nulla di particolare da segnalare, a parte una dozzina di mega-ratti che ho polverizzato facilmente grazie al mitra spazza-bio. Poi, serrata anche la porta della Catacomba 14 di via Vertoiba e ormeggiata la barca sulla riva del lago Marinai d'Italia, in pochi minuti mi sono procurato la cena, pescando con la canna elettrica due magnifiche trote azzurre da mezzo chilo l'una. Quindi, sfruttando il vento favorevole, ho percorso, dispiegando la vela di cui è dotata la mia piccola imbarcazione, l'intero fiume Umbria, fino al lago Lodi. Era infatti mia intenzione dedicarmi alla Catacomba 13, quella sotto il fiume Lodi, appunto. Ma, proprio mentre stavo per scendere laggiù dall'entrata di via Sannio, sono stato attaccato da uno stormo di cornacchie dal ciuffo rosso, evidentemente disturbate dalla mia presenza mentre stavano ripulendo la carcassa di un uri. In questo caso lo spazza-bio poco ha potuto. Per fortuna, è stata la sciabola al laser a fare in pieno il proprio dovere. Fra le mie vittime, anche sette femmine: un buon risultato che ho accolto con un grido di giubilo. Tuttavia il peggio doveva ancora arrivare.

Giunto a metà del percorso sotterraneo, sotto viale Brenta, mi sono imbattuto in una famiglia di tre Estranei, padre, madre e il figlioletto dell'apparente età di sette o otto anni, sfuggiti non so come alle apparecchiature di rilevamento dei Pulitori. E ben più aggressivi delle cornacchie di prima. Erano accucciati in un anfratto che avevano scavato nei pressi di un'ara votiva. Illuminati dalla mia torcia, urlando come ossessi hanno iniziato a tempestarmi di cubetti di porfido. Ne possedevano una bella provvista, quei maledetti. Pur protetto dall'armatura e dall'elmo, stavo quasi per soccombere quando, raccogliendo le forze, sono riuscito a estrarre dallo zaino la bomboletta di gas paralizzante. Li ho finiti decapitandoli con l'ascia. Ultimata la perlustrazione della Catacomba 13 uscendo all'aperto dalla fermata della metropolitana Corvetto, s'erano fatte le ore 14. Il mio pranzo, una scodella di birra di soia con ravioli di ortica, l'ho consumata all'aperto, sulla collina Luigi Emanuele Corvetto, all'ombra di una quercia, e godendomi la brezza portata dal temporale incombente.

Dopo qualche ora di sonno sotto la quercia, favorito dallo struggente canto di un merlo di Hawking, ho fatto a ritroso il mio percorso sul sentiero che segue la riva destra del fiume Lodi per recuperare la barca. Questa volta muovendomi a remi, poiché il vento era cessato, sono tornato ai piedi della collina Corvetto e mi sono immesso nel fiume Lucania-Puglie. Respinta a colpi di remi l'aggressione di un pesce siluro dalla coda prensile più o meno all'altezza della palude Bologna, ho raggiunto il bosco Alessandrini.

Lì c'era nell'aria uno strano silenzio: nessun gracidare di rane-gatto, nessun ciangottio di scoiattoli alati. La cosa mi ha inquietato. Ho temuto che... come dire... quell'eccesso di quiete celasse una minaccia mortale. Ma, dopo pochi minuti di estrema tensione, un grugnito proveniente dal limitare del bosco mi ha rassicurato. Era stata la presenza di un bell'esemplare di cinghiale bianco a intimorire le altre bestie. Il fucile spazza-bio lo ha giustiziato con un solo colpo in mezzo alla fronte. E così ho potuto portarmi nella tana, oltre alle trote che già pregustavo per cena, un'abbondante provvista di carne.

15 AGOSTO 2055. Un tempo questo era un giorno di festa, dedicato al riposo e alla riflessione. Il Regno dell'Inusitata Gazzarra sembrava prendersi 24 ore di sospensione prima di rituffarsi nelle abituali, monotone incombenze. È stata forse la stanchezza per la dura giornata di ieri, o forse una sottile nostalgia - mi perdoni il Comitato di Liberazione - a indurmi nuovamente, oggi, al riposo e alla riflessione.

Sdraiato sul pagliericcio nella mia tana, fumando un sigaro di canapa al pistacchio, ho pensato che, se la Sorte me lo concederà, fra un anno esatto sarò ancora qui, a fumare un altro sigaro di canapa, attendendo il giudizio degli Ispettori delle Comunicazioni sul mio lavoro di Comunicante. E a festeggiare il mio trentesimo compleanno. Da solo? Non so se sperarlo o temerlo.

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