«Ho incontrato prima il sindaco di Roma che quello di Milano, so che mi verrà ricordato. Comunque vedrò anche il mio primo cittadino Beppe Sala» assicura con una battuta il ministro dell'Interno Matteo Salvini al termine del faccia a faccia ieri al Viminale con Virginia Raggi. La Lega di «Roma ladrona» sembra lontana cent'anni. Per il leader del Carroccio il sindaco M5S della Capitale viene prima di Sala che da settimane conta i giorni passati dall'insediamento del governo e sottolinea che nessun ministro lo ha ancora chiamato o gli ha fatto visita. Ieri, in compenso, ha annunciato che dopo l'estate il presidente della Repubblica Sergio Mattarella farà tappa a Milano. Una consolazione. Tant'è, a chi gli domanda se si vedrebbe in futuro come candidato sindaco della Capitale Salvini - che è ancora consigliere in carica a Palazzo Marino - ribatte: «Cosa c'entro con Roma? Sarebbe irrispettoso nei confronti dei romani, perché dovrebbero votare un milanese?». Semmai ammette (e non è la prima volta) «mi piacerebbe a fine carriera fare il sindaco della mia città, se uno è di Milano fa il sindaco a Milano». La sinistra è avvisata.
E proprio ieri è scattata l'ennesima polemica a distanza tra il leader leghista e il Pd milanese, più ossessionato da Salvini che dalle periferie visto che anche le mozioni e gli ordini del giorno presentati in consiglio hanno avuto come comune denominatore una non tanto velata provocazione anti leghista.
Il ministro ha comunicato che intende dare «un forte impulso alla piena operatività dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Quelli attualmente attivi solo sei, per una disponibilità complessiva di 880 posti, insufficienti evidentemente. Entro l'anno quindi saranno attivati nuovi centri per ulteriori 400 posti da realizzare nell'ex carcere di Macomer, a Modena e attraverso la riconversione di due centri di accoglienza a Gradisca d'Isonzo e Milano». L'assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino contesta: «Salvini vuole riaprire il Cie di via Corelli? É sbagliato. In questi anni è diventato un centro di accoglienza, ora sono presenti 700 richiedenti asilo. Se non c'è più bisogno di ospitarli lì vanno smistati fuori Milano. E se non c'è bisogno di un centro profughi la struttura ospiti genitori separati o sfrattati».
Applaude invece l'assessore alle Sicurezza della Regione Riccardo De Corato (Fdi). «Il ministro - ha sottolineato - ha ripreso una mia richiesta dello scorso 10 luglio in cui chiedevo di dare il via libera proprio alla riapertura di un Centro di espulsione nell'ex Cie di via Corelli. L'area in cui ha sede è di proprietà del Ministero della Difesa». De Corato ricorda che era l'unico centro di identificazione ed espulsione presente in città quando Roberto Maroni era ministro dell'Interno, «poi è stato trasformato dall'amministrazione comunale nell'ennesimo centro di accoglienza e oggi ospita circa 766 migranti.
Milano ha bisogno di espulsioni, ormai è invasa da clandestini, molti sono extracomunitari a cui è stato rifiutato lo status ma sono rimasti lo stesso sul nostro territorio». La struttura è già pronta e gestita dalla stessa Croce Rossa che si occupò anche del Cie e l'area «si trova proprio accanto all'aeroporto di Linate, comoda quindi per rimpatriare i clandestini»
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