Dal sax al clarinetto grande festa jazz nel segno di Cerino

Dal sax al clarinetto grande festa jazz nel segno di Cerino

È tutta colpa di Franco Fayenz, critico musicale che i lettori di questo giornale -non solo gli appassionati di jazz- conoscono bene da anni. È colpa sua (ma si fa per dire, naturalmente) se Sandro Cerino è diventato quel che è diventato, nel panorama jazzistico contemporaneo. Fayenz (lo ha ricordato lui stesso, chiedendo venia, alla gran festa per i trent'anni in musica di Cerino tenutasi l'altra sera al Piccolo Teatro) lo intra-vide a «Ischia Jazz'81». La serata stava scivolando via. Nell'aria risuonavano le ultime note di una jam session. Il pubblico puntava già verso l'uscita quando sul palco, insalutato ospite, si avventò uno scugnizzo imbracciando un sax contralto. E fu subito magìa. Perché a tutti sembrò «che sul palcoscenico fosse salito Charlie Parker, un Charlie Parker redivivo...». Una manciata di minuti. Poi, così come era apparso, quel giovane musicista sparì, temendo di averla fatta grossa. «Per trovarlo, facemmo un appello dai microfoni della Rai, io e Marco Molendini...». Ma a Napoli il jazz non si poteva fare, bisognava venire a Milano. E Cerino emigrò. Sicchè, a voler fissare l'arrivo di Sandro a Milano al 1983, si può dire che con quella che è diventata la sua città ieri si sono celebrati i trent'anni di un intenso, appassionato sodalizio. Versatile polistrumentista, compositore ed arrangiatore, Cerino ha incantato ancora un volta il suo pubblico con splendide, incantate improvvisazioni passando dal flauto (bellissimo il contrappunto per il vocalismo sperimentale della raffinata Daniela Panetta) ai sassofoni, al clarinetto contrabasso. Un concerto, ma anche una festa che ha visto la partecipazione di grandi musicisti, tutti legati alla vicenda artistica di Sandro Cerino. Con la Civica Jazz Band diretta da Enrico Intra, Sandro Cerino ha presentato un avvincente spaccato del suo mondo musicale in cui nostalgia, malinconia, poesia, autunnali stati d'animo virano in sberleffi istrionici, solari, intrisi di tensioni ritmiche modernissime. Un programma composito, difficilmente riconducibile a uno specifico stile jazzistico,al quale hanno partecipato musicisti del calibro di Mario Rusca, Alessandro Marangoni, Giovanni Venosta, Claudio Angeleri, Franco Finocchiaro, Marco Iannelli, la vocalist Daniela Panetta e Alessandro D'Episcopo. Filo conduttore dell'intero concerto, la geniale e ormai celebre riscrittura in chiave jazzistica, fatta da Cerino, delle Quattro Stagioni di Vivaldi.

Applausi a scena aperta per tutti, naturalmente, ma ancor più per Daniela Panetta, che in «Parker's madness», in duo con Cerino, ha sfoggiato capacità e coloriture vocali degne di una cantante di livello internazionale.

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