In scena un dialogo immaginario tra Nilde Jotti e Franca De Gasperi

In scena un dialogo immaginario tra Nilde Jotti e Franca De Gasperi

Il 21 agosto 1964 moriva a Yalta Palmiro Togliatti. Alle esequie romane del leader (immortalate da un celebre quadro di Guttuso) partecipò quasi un milione di persone: tra loro la giovane deputata Leonilde Jotti, uno dei pochi quadri del Pci che si rivolgesse al granitico segretario chiamandolo per nome, ma non con quello anagrafico di Palmiro, bensì con quello letterario e affettuoso di Pasubio. Negli ambienti politici e giornalistici la relazione tra la Jotti e Togliatti era nota a tutti, ma tutti facevano finta che non esistesse. L'Italia comunista, proprio come quella cattolica, non ammetteva che il vincolo del matrimonio potesse infrangersi: poiché il segretario del Pci aveva una moglie, con la quale però non conviveva dal '46, la brillante deputata, già membro dell'Assemblea Costituente, poteva al massimo figurare come una sorta di concubina ufficiale. In «Esequie solenni», la pièce che debutterà l'8 marzo al Franco Parenti con la regia di Andrée Ruth Shammah, il drammaturgo Antonio Tarantino immagina che la Jotti voglia ribellarsi a questo ruolo avvilente e frustrante. Alla vigilia dei funerali di Togliatti, Leona (come Tarantino ha ridenominato emblematicamente la futura presidente della Camera dei Deputati) decide di confidarsi con una donna che ha accettato il ruolo di «vedova della Repubblica». Francesca De Gasperi ha perso il marito dieci anni prima e da allora è la custode ufficiale della sua memoria pubblica. Eppure questa algida settantenne sembra assecondare Leona nel suo desiderio di sperimentare una vita diversa, lontana dall'ipocrisia forzosa della politica e capace di tutelare la storia individuale dai meccanismi impersonali della Storia. Il sottotitolo di «Esequie solenni» riporta la dicitura «dialogo immaginario» e non c'è dubbio che l'incontro narrato da Tarantino, a differenza del contesto storico-politico minuziosamente descritto nella drammaturgia, sia frutto di fantasia. Però Andrée Ruth Shammah ha deciso di rappresentare questo testo per verificare (ancora una volta, per sua stessa ammissione, «in modo più estremo») il rapporto tra teatro e vita reale. Perciò le due attrici (le bravissime Ivana Monti e Sara Bertelà) saranno in scena in quanto interpreti di personaggi e in quanto donne che si misurano con il problema di un potere che è quasi sempre al maschile e che comprime i bisogni di autenticità e di intimità.

Entrando e uscendo dai rispettivi ruoli, in un processo che ha la pretesa di essere molto di più che metateatrale, e scambiandosi le parti, la Monti e la Bertelà potranno esprimere quel «sottotesto dello spettacolo» che è scritto nella loro sensibilità e nel loro vissuto personale, e che per la regista è quanto di più prezioso possa essere evocato sul palco. Giovedì 8 marzo, subito dopo il debutto, è previsto un dibattito su «Donne e politica» a cui parteciperanno tra le altre Eva Cantarella e Geppi Cucciari.

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